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Poco lavoro e contributi scarsi: metà dei siciliani ha una pensione di sopravvivenza

Di Michele Guccione |

Palermo – In Sicilia la popolazione residente si è ridotta in un anno di 27mila unità, scendendo al di sotto della soglia storica dei 5milioni di abitanti: esattamente, 4milioni 999mila 891. Sempre in un anno, l’Isola ha perso 7mila imprese; il settore produttivo dal 2014 al 2018 ha cancellato 62mila rapporti di lavoro a tempo indeterminato e ha creato 96mila contratti a termine in più. Il tasso di disoccupazione è al 40,7%, il più alto d’Italia (media nazionale 19,7%), quello dei giovani è schizzato al 65,1% con una percentuale di Neet salita al 38,6%, mentre il tasso di occupazione è sceso al 44,1%.

I dati sono contenuti nel bilancio sociale dell’Inps, presentato dal direttore regionale Sergio Saltalamacchia, che fotografa uno spaccato della Sicilia, cioè un bacino di oltre metà della popolazione (un milione 27mila e 170 pensionati più un milione di altri sussidiati a vario titolo), che riesce a “sopravvivere” solo grazie ai fondi erogati dell’istituto di previdenza. Si tratta proprio di sopravvivenza, in quanto una platea così ampia diluisce al minimo le risorse che spettano a ciascuno. Infatti, riguardo alle pensioni, in Sicilia si paga l’assegno medio più basso d’Italia (641,22 euro) ad oltre la metà dei pensionati, con un range che “favorisce” gli uomini (822 euro) a scapito delle donne che hanno meno tempo e possibilità di costruire una carriera lavorativa e pensionistica (625 euro). Le pensioni minime con integrazione sono 251.075, quelle sociali sono 141.915 .

Al quadro si aggiungono le misure sociali di sostegno al reddito che vengono pagate con i contributi versati dai lavoratori: lo scorso anno 167.923 soggetti hanno percepito l’indennità di disoccupazione Naspi e altri 125.742 la disoccupazione agricola. Sono state anche erogate 6.389.003 ore di cassa integrazione. Ci sono infine le misure di contrasto alla povertà: 51.145 premi alla nascita, 49.226 assegni di natalità, 9.151 bonus asilo nido, 133.674 percettori di Rei e 190.265 percettori di Reddito e Pensione di cittadinanza. Dunque, in un’economia che può contare su meno consumatori e meno ricchezza circolante, giocoforza i datori di lavoro, quando non c’è malafede, fanno fatica a mettere in regola i dipendenti. Un minimo squarcio lo aprono gli ispettori dell’Inps, che nel 2018 hanno scovato 474 lavoratori in nero, 517 irregolari, 410 lavoratori autonomi totalmente sconosciuti a fisco e Inps; più un’evasione contributiva pari a 42 milioni di euro. Sappiamo che è una goccia nel mare del sommerso, che si aggiunge a quell’enorme mole di contributi messi a ruolo esattoriale e mai riscossi: secondo i precedenti bilanci sociali dell’Inps Sicilia, si tratta di circa 12 mld di euro da incassare, dal 1999 ad oggi.

Il presidente del Comitato regionale Inps, Mimmo Binaggia, dopo avere evidenziato l’enorme lavoro, di quantità e qualità, svolto dal personale Inps in Sicilia, che supera gli obiettivi assegnati da Roma nonostante i vuoti d’organico, e la preziosa collaborazione dei patronati e dei professionisti convenzionati, ha evidenziato la necessità di «ridurre il costo del lavoro in Sicilia come ricetta urgente per la ripresa delle imprese e dell’occupazione, dando priorità alla revisione dei costi previdenziali che è la vera molla per favorire le assunzioni. Ogni punto di taglio del cuneo – ha spiegato Binaggia – ha un costo di 2,8 mld, pari a 242 euro l’anno per ogni lavoratore; ma oggi sono stanziati per tutto il Sud 2,7 mld di incentivi sulle assunzioni, di cui, per assumere giovani fino a 35 anni, 32 mln per il 2019, 112 mln per il 2020 e 163 mln per il 2021, oltre a 500 mln di fondi Ue. Occorrono invece uno sforzo finanziario maggiore, davvero significativo, se si vuole incidere sulla piaga del lavoro nero che sottrae risorse a chi deve andare in pensione, nonchè nuove regole per l’apprendistato che è la porta d’ingresso al mercato del lavoro. Oltre alla separazione delle misure di assistenza dalla spesa previdenziale, che deve servire solo per pagare i trattamenti pensionistici. Questo consentirebbe di avviare una vera politica di protezione sociale per i più deboli, in Sicilia come al Sud».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA