«Ieri sono stati comunicati 130 esuberi per i dipendenti a tempo indeterminato, a fine febbraio non verrà rinnovato il contratto a 50 dipendenti di Ranstad, che di fatto lavorano per Pfizer, e il congelamento di altre 60 posizioni in attesa dell’arrivo di un nuovo macchinario in seguito al quale le unità verranno ridotte a 30». Lo rendono noto Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, dopo l’incontro di ieri a Roma con la Pfizer sul sito di Catania, annunciando che "da oggi partiranno iniziative e mobilitazioni in vista dello sciopero del prossimo 4 marzo».
«Pfizer non può pensare di depotenziare lo stabilimento di Catania – affermano i segretari dei tre sindacati, Jerry Magno, Giuseppe Coco e Alfio Avellino – nello stabilimento etneo operano professionalità di indiscussa competenza. La multinazionale invece di avviare un rilancio, decide di far marciare a scartamento ridotto impianti strategici, privandosi peraltro di personale altamente qualificato».
La Pfizer ha comunicato ai sindacati che per i prossimi 3 anni allo stabilimento catanese sono destinati 26 milioni di euro, «una cifra irrisoria – sottolineano i sindacati – sufficiente soltanto per la manutenzione degli impianti».
Filctem Cgil, Femca Cisl e Uila Uil chiedono che «anche le istituzioni locali, regionali e nazionali facciano sentire la loro voce». «In ballo – aggiungono – non c'è soltanto il destino di tanti lavoratori, ma tutto il tessuto economico e produttivo di un territorio. Non si può stare in silenzio. Tutti i soggetti coinvolti a vario titolo, intervengano a difesa di questa realtà importante per la Sicilia».
«Pfizer ieri ha rotto un lungo, eloquente, silenzio per comunicare tagli inaccettabili di personale nello stabilimento catanese. Mai come stavolta ci dispiace dover dire: avevamo ragione. Oggi, però, vogliamo ribadire che avevamo ragione nel sostenere la decisione di lavoratrici e lavoratori che assieme alle rappresentanze sindacali unitarie avevano deciso di proclamare sciopero per il 4 marzo». Lo affermano i segretari di Uiltec Sicilia e Catania, Peppe di Natale e Alfio Avellino. «Siamo pronti a questa e ad altre iniziative di protesta – aggiungono – per le quali facciamo appello alla mobilitazione di cittadini, classe politica, organizzazioni e associazioni. Chiediamo che sostengano la battaglia di chi dice no al regresso produttivo e sociale del nostro territorio, opponendosi alla scelta incomprensibile di una multinazionale che certo non ha problemi di cassa ma – chiosano i due sindacalisti – difetta solo di lungimiranza e rispetto verso chi ha assicurato e assicura ancora adesso professionalità, passione, profitti a questa azienda».
Il sito di Catania «continuerà a essere parte integrante della rete globale di produzione e fornitura Pfizer e infatti è stato programmato un intervento di modernizzazione, con un ulteriore investimento di 27 milioni di euro nei prossimi tre anni» e «in previsione di questo investimento, Pfizer ha identificato alcuni adeguamenti necessari, dovuti anche al calo della domanda dei volumi produttivi di un antibiotico iniettabile, che porteranno a una riduzione dell’organico». Lo afferma, in una nota, la società farmaceutica.
«Nell’ambito dei consueti processi aziendali – sottolinea la multinazionale – Pfizer rivaluta periodicamente le attività delle proprie sedi in tutto il mondo al fine di garantire la continuità nella produzione dei farmaci secondo elevati standard di efficienza e sicurezza». «Lo stabilimento di Catania – aggiunge la società – svolge un ruolo fondamentale per Pfizer, inclusa la risposta alla pandemia, la produzione di importanti medicinali iniettabili sterili e antibiotici per i pazienti di tutto il mondo. Al fine di supportare tutte le persone coinvolte in questo processo l’azienda ha avviato un confronto con i sindacati ed è impegnata a identificare le misure più adeguate».
«Questi cambiamenti si rendono necessari per garantire il futuro dello stabilimento qui a Catania – afferma Giuseppe Campobasso, direttore del sito produttivo – e in questa fase difficile, i colleghi sono la nostra priorità: stiamo lavorando insieme con le organizzazioni sindacali, per valutare tutte le opzioni possibili e abbiamo identificato ed offerto alcune opportunità, che si potranno concretizzare nel trasferimento all’interno della nostra stessa rete di produzione in Italia, oltre che supportare economicamente l’uscita e facilitare il ricollocamento».