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Lavoro, il piano per rendere più “umani” i Centri per l’impiego in Sicilia: è la fase 2

Di Mario Barresi |

CATANIA – Sembra quasi una scena preparata. Ma giurano che non lo è. Quando marted’ mattina “Mr. Reddito” (al secolo Domenico, detto Mimmo, Parisi, il guru americano chiamato da Luigi Di Maio a guidare la macchina del reddito di cittadinanza) è sbarcato a Catania, il problema più incombente non era una folla pressante di aspiranti percettori del sussidio (furbetti compresi) al Centro per l’impiego di via Giannotta, ma l’esigenza di un’azienda di Tremestieri che cerca (e non trova) dieci super tecnici per far funzionare dei macchinari hi-tech.

«Ecco, questo è il futuro. Siete già avanti», sbotta Parisi, accompagnato dall’assessore regionale al Lavoro, Antonio Scavone. Accolto dalla direttrice del Cpi etneo, Salvatrice Rizzo, il grande capo dell’Anpal (l’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, da cui dipende anche il reclutamento degli attesi navigator), ha fatto il punto della situazione sulla realtà siciliana. Consapevole della pressione di numeri che fanno dell’Isola (assieme alla Campania) l’azionista di maggioranza di chi aspetta la card, ma magari sogna anche di trovare un lavoro. Gli ultimi dati, aggiornati al 30 aprile (anche se ieri l’Inps ha fornito quelli nazionali di maggio) parlano di 161.383 domande di reddito di cittadinanza.

Nel frattempo la Regione ha scaricato il suo primo pacchetto di 27.111 beneficiari. Ma da Anpal e dall’assessorato tendono a sottolineare anche un’altra cifra, per ora non esorbitante ma significativa: i beneficiari del reddito che hanno attivato i patti di servizio sono, ad esempio, 3.251 a Palermo e 1.394 a Catania. «Questa è la vera sfida del futuro: andare oltre il semplice sussidio e attivare il patto per il lavoro e soprattutto il patto di servizio, che impegna le istituzioni siciliane non solo con i Centri per l’impiego ma anche con i servizi sociali per prendersi carico di tutto il nucleo familiare di chi ha diritto al reddito, risolvendo situazioni di difficoltà particolari, e fornendo anche formazione e assistenza su misura», dice Scavone.

Parisi sembra apprezzare il lavoro svolto finora in Sicilia. Parla con gli impiegati, ma soprattutto con gli utenti. «Qui deve diventare la banca del ricchissimo capitale umano siciliano, un vero incrocio fra domanda e offerta di lavoro. Ci stiamo impegnando per questo». Ma per riuscirci ci sono alcune criticità da risolvere. Se n’è parlato, nel pomeriggio, nella sede catanese della Regione, in un incontro con i responsabili dei Cpi della Sicilia orientale.

Dopo un incontro con il governatore Nello Musumeci in mattinata, Parisi ha fatto visita anche quelli della parte occidentale dell’Isola. Una rete di 64 centri (con 9 servizi di coordinamento provinciale), che già da tempo dialogano – grazie a una convenzione con la Regione – con Anpal, che cura anche (con la Divisione Transizioni) l’assistenza tecnica del passaggio fra formazione e lavoro.

I problemi, dicevamo. Innanzitutto la necessità di rafforzare il personale. «Dei circa 1.700 dipendenti attuali – ricorda Scavone – soltanto 600 sono di qualifica C e D, mentre il resto hanno soltanto competenze di base insufficienti per reggere all’onda d’urto del reddito di cittadinanza, ma soprattutto al progetto di trasformazione dei Centri per l’impiego in cuore pulsante dell’economia siciliana». In aiuto nuove forze: «Ci saranno 111 posti con le misure del Jobs Act e 277 dalla finanziaria dello scorso anno», scandisce l’assessore.

Ma potrebbero non bastare. Ed ecco in arrivo – già a metà luglio, anticipa l’amministratore unico di Anpal – i primi 490 navigator, reduci dal “concorsone” che si terrà a Roma dal 18 al 20 giugno. La previsione è di avere un secondo blocco di altri 490, ma su questo Scavone ha chiesto a Parisi di valutare una «specificità siciliana». Ovvero: i circa 1.700 ex sportellisti oggi disoccupati, «con competenze compatibili al lavoro che viene richiesto nei Cpi». Dall’uomo di fiducia di Di Maio nessuna promessa. Ma un impegno: «A Roma c’è un tavolo aperto, stiamo studiando soluzioni compatibili con il nostro piano industriale del fabbisogno». Non è un sì. Ma non è neanche un no.

Twitter: @MarioBarresi

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