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Stime
Donne e lavoro, Cgil: «Il 67% a Catania è senza lavoro»
La segretaria nazionale Ghiglione: «Investire sul lavoro e sulla partecipazione alla vita sociale, politica e economica del Paese»
Sui cartelli c’è scritto “No abusi”, “No alla violenza sulle donne”, ma anche “No alle discriminazioni” e “No al linguaggio sessista”. Persino “Abbasso il patriarcato”. Ma stavolta gli uomini della Cgil hanno deciso di esibire loro quelle scritte agitandole di fronte alla platea, anziché assistere alle manifestazioni di colleghe o partner. Ieri, a inscenare il flashmob sul palco contro la violenza di genere, sono stati una ventina di segretari del sindacato catanese, compresi quelli che guidano le categorie nonché il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, che si sono così spesi in prima persona per dire “no” all’escalation di femminicidi.Lo hanno fatto in apertura dell’iniziativa di Cgil Sicilia e Cgil Catania, al teatro dei Salesiani in via delle Salette e a cui hanno partecipato la segretaria nazionale Lara Ghiglione e il segretario regionale Mannino. Un’iniziativa che si inscrive nell’ambito della mobilitazione nazionale “La via maestra” che culminerà nella manifestazione nazionale del 7 ottobre a Roma.Un modo per legare diritti e doveri della Costituzione al tema delle donne, visto però sotto l’aspetto della disoccupazione, del precariato, della violenza e della solitudine.
I femminicidi in Italia sino a oggi sono stati 77, di cui cinque in Sicilia. Ma l’intera questione femminile in Sicilia è forte e è da osservarsi nel più ampio contesto meridionale.Nell’Isola ha un lavoro appena il 30% delle donne e spesso è occupazione precaria. La solitudine è quella di chi denuncia e non viene protetta. I lavori sono stati aperti da Elvira Morana, responsabile per le Politiche di genere della Cgil Sicilia, che ha sottolineato un dato importante: c’è una differenza di ben 24,4 punti tra occupazione maschile e femminile in Sicilia. E questo «impone un’azione sistemica di genere che intersechi tutti i settori, formazione, sanità, sociale, transizione ecologica, welfare. Se si vuole assicurare il futuro della regione, bisogna assicurare alle donne un ruolo centrale nei processo di sviluppo. Le donne possono fare la differenza».
Dopo i saluti di don Marcello Mazzeo, direttore dell’Oratorio de Le Salette, è stato il segretario generale della Cgil etnea Carmelo De Caudo, a raccontare l’impegno del sindacato catanese in vista del 7 ottobre. «Le consultazioni che promuoveremo in questo mese per un possibile sciopero generale sono una grande opportunità. E anche lottare contro la violenza di genere è possibile e doveroso. L’ultimo femminicidio di agosto a Catania, lo stupro di Palermo e le storie delle vittime fuori dall’Isola, ci hanno ulteriormente avviliti. La lotta alla violenza sulle donne parte prima di tutto da una nuova consapevolezza maschile che deve attraversare le nostre famiglie, le nostre scuole, i nostri pensieri». La relazione, ricca di dati e analisi, è stata invece affidata a Rosaria Leonardi, segretaria confederale di Catania, che oltre a ricordare i principi della Costituzione che garantiscono alle donne pari diritti rispetto agli uomini, e a sottolineare che le istituzioni sono chiamate affinché questa uguaglianza venga realizzata in ogni campo, ha segnalato che «da oltre 20 anni si è avviato un processo di regressione in termini di perdita delle conquiste normative e legislative nel mondo del lavoro e in termini di uguaglianza e parità di diritti».Si va indietro, dunque, come dimostrano anche le stanze antiabortiste create all’ospedale Sant’Anna di Torino, oggetto di protesta della Cgil e di tutti i movimenti femministi.
Leonardi ha proseguito con i dati catanesi: a Catania la situazione occupazionale femminile è drammatica: soltanto il 27,3% della popolazione femminile dai 20 ai 64 anni risulta occupata e il dato si abbassa al 20,1% se si considera quella dai 15 agli 89 anni; dato inferiore alla media siciliana del 29,8% in cui Catania si posiziona agli ultimi posti, prima di Caltanissetta, Agrigento e Siracusa. Ma il dato più inquietante è sicuramente quello relativo alle donne inattive, che si attesta al 67%. Il tasso di disoccupazione dai 15 ai 64 anni è del 16,3%, diminuisce rispetto al 2022 ma ci consegna in realtà un aumento di lavoro precario e povero, tant’è che Il 26,3% di donne si trova a lavorare in forme di part time involontario, il 21,3% con contratti precari, salari bassi con un gender pay gap del 33% nel settore privato, il 20% sono madri Neet che non lavorano né studiano, mentre le Neet tra i 15 ed i 34 anni si attestano intorno al 53,3%, di cui il 16% sono in possesso di laurea.
«Questi dati, inoltre, vanno interpretati tenendo conto delle tantissime donne che lavorano in nero, nel sommerso e nell’irregolarità, nonché del tanto lavoro di cura in famiglia non riconosciuto socialmente – ha proseguito la segretaria generale – Ci sono pure le tante proposte della Cgil e della piattaforma di genere “Belle Ciao”, a partire da una migliore realizzazione della rete dei servizi pubblici, più asili nido con rette di compartecipazione minime ma anche consultori che vanno rilanciati e potenziati nelle loro funzioni, medicina del territorio, con l’idea che le case della salute gli ospedali di comunità, possano dedicare un’attenzione maggiore alla salute fisica e psichica di adolescenti, immigrate anziane e donne con disabilità. Il sindacato catanese fa la sua parte con lo sportello donna “Elvira Colosi” attraverso il quale si stabilisce un primo contatto sia nel caso di violenza che di mobbing al lavoro».
Tanti gli interventi delle donne, tutte diverse tra loro per esperienza di vita e lavoro, disoccupate o professioniste, lavoratrici alle prime armi e pensionate, come Francesca Alessandro, Melina La Corte, Adele Pulvirenti, Giovanna Marano, Annalaura Paratore, Loredana Tolentino, Agata Sicali. All’incontro hanno portato un forte contribuito di pensiero e di testimonianza anche le associazioni Udi, con Adriana Laudani e Penelope con Oriana Cannavò. Gabriella Messina, segretaria confederale di Cgil Sicilia, ha sottolineato la necessità «di un progetto di innovazione sociale e culturale che coinvolga l’intera collettività, che scardini gli stereotipi, mandi in soffitta il patriarcato, produca anche una rivoluzione nel linguaggio e soprattutto nel mondo del lavoro, creando pari opportunità, spazi e ambienti di lavoro che possano accogliere le donne, un welfare inclusivo a supporto delle fasce più deboli e del lavoro delle donne, una democrazia paritaria per quanto riguarda la rappresentanza politica».Una rivoluzione culturale insomma. Di fronte all’ondata di violenza di genere in corso la Cgil ha chiesto l’istituzione di una task force regionale; ne è conseguita una convocazione dal governo per il 19 settembre. I numeri sono impietosi: sono solo 13 le deputate su 70, solo 21 i centri antiviolenza e 39 le case rifugio, nessuna consigliera di parità. «Solo 3 donne su 10 lavorano, nessuna preferenza di genere alle regionali – ha concluso Messina – È solo qualche esempio di una situazione che necessita profonde modifiche».
I lavori sono stati chiusi dalla segretaria nazionale Cgil, Lara Ghiglione: «La violenza sulle donne che quest’estate si è dimostrata in tutta la sua gravità in moltissimi territori, e la Sicilia purtroppo è stato esempio, è solo la punta dell’iceberg di una condizione che riguarda le donne e che riguarda una cultura del possesso radicata. Questo può accadere solo se investiamo sul lavoro, sulla partecipazione delle donne alla vita sociale, politica, ed economica del paese. l’emarginazione e la discriminazione delle donne sono la base che determina l’escalation, anche di violenza. La Cgil è in campo proprio per determinare un cambiamento culturale e sostanziale nella vita delle donne».