Lavoro
Cgil, a Catania tenuta sociale a rischio: il futuro è nell’industria 4.0
Catania – Catania eternamente in bilico tra arretratezza e grandi potenzialità chiede chiarezza alle istituzioni. E lo fa attraverso il punto di vista dall’osservatorio dei sindacati, privilegiato proprio perché a stretto contatto con chi lavora e con tutti gli attori del territorio. È stato un faccia a faccia tra le varie anime della città quello tenutosi al Palazzo della cultura tra la Cgil e i rappresentanti delle istituzioni catanesi e siciliane. Assente per un’emergenza dell’ultimo minuto, la segretaria nazionale della Cgil, Susanna Camusso; al suo posto è intervenuta la segretaria confederale nazionale Gianna Fracassi. Ma il parterre di referenti dei vari centri decisionali erano tutti presenti, come da invito per i lavori di “Catania 4.0 Futuro -lavoro: Piano per il lavoro dell’area metropolitana di Catania”: dal presidente vicario di Confindustria Catania, Antonello Biriaco, al vicepresidente della Confcommercio di Catania, Pietro Agen, dal segretario provinciale della CNA di Catania, Andrea Milazzo, alla docente Gabriella Nicosia in rappresentanza del Magnifico Rettore dell’Università di Catania, dal segretario generale Cgil Sicilia,Michele Pagliaro, al sindaco di Catania, Enzo Bianco. Ad aprire i lavori con una relazione che ha fatto il punto sullo “stato di salute” del lavoro e dello sviluppo della città, è stato il segretario generale della Cgil di Catania, Giacomo Rota.
“Catania è ancora una città importante con un grande ruolo produttivo in Sicilia ma con i suoi 15400 posti di lavoro persi vede a rischio la tenuta del suo tessuto sociale. -ha esordito Rota- È la città dalle grandi aziende, come la St Microelectronics, e dalle altissime potenzialità con l’avvento dell’industria 4.0, ma che operano nella peggiore area industriale della Sicilia. Catania é essa stessa ossimoro, tra grande voglia di intraprendere e staticità della rassegnazione”. Rota ha sottolineato le difficoltà del sindacato catanese (in sala erano presenti anche i segretari di Cisl, Uil e Ugl, Maurizio Attanasio, Enza Meli e Giovanni Musumeci) a fronte dei 5 anni di assenza di dialogo con il governo regionale uscente. Il segretario generale della Camera del lavoro ha poi sottolineato alcuni dati relativi al settore, una volta trainante, dell’edilizia catanese: si è passati da una massa salariale dichiarata di 173.145.000 (2008) di euro a 72.700.000 (2017) euro – 58%.
Il numero degli occupati nello stesso periodo passa da 21.300 operai addetti a 9.495 – 55,4%. Il numero di impese edili, solo una decina con più di 15 dipendenti passa da 3.709 a 2053 – 45,83%. Una contraddizione per una città a rischio sismico livello 2 (“ma siamo perplessi, perché a nostro parere il rischio dovrebbe innalzarsi a 1, vista la posizione di Catania, tra sottosuolo pericoloso ed Etna”), che attende di essere messa in sicurezza e dunque al riparo dal peggio, proprio grazie ai lavori edili.
“Stiamo lavorando sulle risorse Patto per Catania e per il Sud – ha aggiunto Rota- e abbiamo iniziato a ragionare con le organizzazioni datoriali e professionali. Abbiamo iniziato da tempo a Catania una politica della concertazione, che ha dato alcuni frutti. Abbiamo anche avuto il piacere di ragionare con il Presidente del Consiglio dei Ministri su temi fondamentali e anche di essere ricevuti dal neopresidente della Regione sulle difficili vertenze in atto, Qè e Myrmex”. Rota ha infine ribadito con forza la necessità che Catania conservi i suoi teatri (“facciamo presto gli Stati generali della cultura “), il rigetto della Cgil alla “logica dei centri commerciali che hanno impoverito questa città. Una scelta scellerata”) la necessità di una sanità pubblica migliore (“e oggi ribadiamo che il pronto soccorso del “Vittorio emanuele” chiuda solo dopo l’ apertura del San Marco”).
Diretto anche l’intervento del sindaco Enzo Bianco: “Viviamo la più lunga e dura crisi della Repubblica. Il sud ha pagato un prezzo molto più salato rispetto al resto del Paese. Le politiche di sostegno al Mezzogiorno sono state cancellate e in Sicilia, in questo momento di difficoltà è stato pagato un prezzo salato per il pessimo uso del nostro statuto che anziché essere un’ opportunità si è rivelato un handicap”.
Per l’assessore Razza, “la Regione Siciliana può fare moltissimo se è capace di pianificare, ma purtroppo nel recente passato questo non si è verificato: negli ultimi cinque anni si è fatto davvero poco o nulla. Il governo Musumeci, che è in carica da circa 90 giorni, sta provvedendo a farlo, ma i primi risultati concreti si noteranno almeno fra un anno”. Ruggero Razza ha quindi parlato della necessità di avviare un piano anticiclico ed adoperare al meglio le risorse: “È quanto abbiamo sostenuto nel corso dell’incontro della scorsa settimana con il governo nazionale – ha detto – in cui in cui si è parlato anche della riprogrammazione del Patto per la Sicilia per assicurare interventi certi in grado di creare vero sviluppo del territorio”.
Per Confindustria la scommessa della città può però passare proprio attraverso il rinnovamento del digitale, “ma restano le difficoltà legate alla burocrazia. Le imprese devono creare PIL in quattro anni, è vero, ma di contro, per esempio, non riusciamo ad avere il via libera dalla soprintendenza per i cantieri ad Agira”. Un richiamo alla capacità di rilanciare una buona amministrazione e di puntare sui giovani siciliani arriva dalla docente Nicosia, mentre per Andrea Milazzo del CNA, “la nostra città sofffe degli strascichi del dissesto ma si dovrebbe concedere alle aziende di evitare la Tari. Il tema centrale oggi è proprio quello della piccola media impresa”. Per Pietro Agen uno dei nodi da affrontare con urgenza è quello delle infrastrutture:
“La Sicilia non è parte dell’Italia per quanto riguarda i trasporti, tranne sul fronte aeroportuale che però manca di interconnessione. Se vogliamo veramente fare sistema portuale bisogna copiare a da chi ha saputo fare sul fronte container militare, turismo, croceristica”.
Per il segretario della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro, “non si possono scaricare i problemi di questo Paese sui più giovani e sui più anziani. Oggi i pensionati sono più a rischio povertà e la precarietà è diventata strutturale. Non ci si può più oermggge di perdere tempo non ripetiamo gli stessi errori e procediamo con misure diverse”.
Seguitissima e applaudita la conclusione della segretaria nazionale Gianna Fracassi: “Il tema del lavoro e dei giovani non sono presenti nell’ agenda delle discussioni. Preoccupa che chi si candida a condurre il Paese non ponga il tema di come si possa far ripartire lo sviluppo, accontetandosi dei dati fortemente condizionati da una ripresa complessiva dell’UE. I dati relativi al nostro Paese per le spese strutturali ci dicono che siamo sotto i paesi dell’ Est ed anche nella discussione pubblica non assumiamo la rilevanza che dovremmo.
Siamo osservati speciali.
Abbiamo speso male nel passato e continuiamo a non avere capacità di spesa. Selezioniamo dunque le priorità partendo dai bisogni dei territori. È insopportabile in questo Paese il divario che c’è tra sanità, istruzione e servizio sociali. Ma anche tra connessione materiale e immateriale”.
La Fracassi ha infine ricordato la manifestazione nazionale che si terrà sabato Roma sul tema “Mai più fascismi”.
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