La questione resta di grande attualità ed il caldo torrido di questi giorni (oggi a Catania c'è allerta da bollino rosso), con le temperature indicate in aumento per le prossime giornate, impongono una rapida riflessione e un intervento immediato sull’argomento. Non c’è tempo da perdere per tutelare i lavoratori siciliani e salvaguardare la salute di quelle categorie che per il tipo d’attività svolta sono costrette a operare sotto il sole (i braccianti agricoli, i forestali, gli edili e gli addetti alla manutenzione delle strade, solo per citare le più faticose) o dentro luoghi chiusi dove le temperature raggiunte sono molto elevate (quanti operano all’interno delle serre).
Dopo la morte di tre braccianti agricoli in due giorni, avvenuta in Puglia, il dibattito sul vietare il lavoro nelle ore più calde è diventato di primo piano. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha emanato un’ordinanza che impone il divieto di lavorare in condizioni di esposizione prolungata al sole, dalle 12:30 alle 16 con efficacia immediata e fino al prossimo 31 agosto. E in Sicilia? Come ci si sta muovendo?
A chiedere interventi sono i rappresentanti sindacali confederali delle sigle di Cgil, Cisl e Uil, con le rispettive federazioni di categoria. Tutti insieme hanno chiesto un incontro agli assessori regionali al Lavoro e alla Salute, per trovare insieme una soluzione. Diverse le ipotesi da valutare per scegliere quali azioni mettere in campo: dalla sospensione lavorativa nelle ore più calde (sulla scia di quanto attuato in Puglia) dalle 12:30 alle 16 con efficacia immediata e fino al prossimo 31 agosto, alla richiesta di attivazione della Cassa integrazione ordinaria, per arrivare ad un’anticipazione al mattino dell’attività.
Per il settore edile, come si legge in una nota siglata dai segretari generali regionali di Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, ed inviata alla Regione, la richiesta di sospendere l’attività nel settore delle costruzioni nei casi in cui si registrano condizioni di esposizione all’ondata di calore 3 per il numero di giornate necessarie.
«Ci siamo mossi con una duplice azione: come confederali abbiamo inviato una lettera agli assessorati regionali alla salute e al lavoro, più di una settimana fa – spiega il segretario generale regionale Fillea-Cgil, Giovanni Pistorio – chiedendo un immediato confronto, non abbiamo ancora avuto risposta. Nelle singole province abbiamo, invece, scritto alle Asl competenti e alle Prefetture chiedendo di intervenire con controlli, applicando quanto già prescrive la legge, quando l’esposizione al caldo supera i 35°, con l’attivazione della cassa integrazione ordinaria. Le previsioni fotografano temperature in salita fino a 46°, non si può più aspettare.»
E non è solo il settore dell’edilizia, come detto c’è anche il mondo dell’agricoltura che soffre con i lavoratori che vanno tutelati.
«Comprendiamo che i lavori non si possono bloccare né in campagna né in altri settori – afferma il segretario generale regionale della Uila-Uil, Nino Marino -, perché sono importanti per la ripresa dell’economia, piegata dalla pandemia da covid, ma deve prevalere in ogni caso la salute e la tutela della sicurezza dei lavoratori. Il presidente della Regione Emiliano, in Puglia ha stabilito che l’attività lavorativa venga espletate seguendo delle fasce orarie, anche noi vogliamo chiedere alla Regione di adottare delle misure per le categorie occupazionali più esposte al caldo. Si potrebbe scegliere di far lavorare con orari che garantiscano l’orario pieno di lavoro ma con turnazioni a seconda delle esigenze.»
Quale soluzione si dovrà adottare non è ancora chiaro, da parte di tutti emerge con chiarezza un’esigenza: bisogna trovare la risposta per i lavoratori attorno ad un tavolo. «È tema che si inserisce nel tema più ampio dibattito sulla sicurezza da garantire ai lavoratori – evidenzia il segretario generale regionale della Fai-Cisl, PierLuigi Manca -. Ci sono giunte le richieste di intervento dei lavoratori, anche dei forestali. Le temperature nei prossimi giorni sono indicate in rialzo, soprattutto nel ragusano e nel catanese. Si può ipotizzare di attivare un’attività per turni, con un’articolazione oraria mobile, come accaduto in altre regioni.»
Quale sarà la soluzione finale non è chiaro, l’importante è avviare un confronto e tutelare la salute di chi lavora, affinché non accadano più tragedie e non si assista più a morti per lavoro.