E’ così che il mondo dell’agrumicoltura siciliana ha deciso di rendersi la vita più facile mettendo a contatto imprenditori e lavoratori in un progetto di social farming che – come primo obiettivo – ha avuto quello di “formare” nuove professionalità da inserire nel settore della produzione degli agrumi.
Dove andare a pescare queste professionalità? Tra i giovani disoccupati, tra i migranti, tra persone svantaggiate sul mercato del lavoro. Novanta persone (in tutto) che hanno partecipato a corsi di formazione ad hoc con il coinvolgimento di 50 docenti e il supporto dei consorzi di tutela da Ribera a Ciaculli, da Siracusa a Messi, passando per l’Arancia rossa Igp a Catania. Più che un primo passo, un trampolino di lancio per tutto il settore agrumicolo, quello che rappresenta una fetta importante dell’economia siciliana e non solo (in Sicilia si produce il 60% degli agrumi italiani) ma, contemporaneamente, uno dei più sofferenti soprattutto per la scarsa innovazione e per l’assenza di strategie comuni tra i diversi “pezzi” della filiera.
Salif Diao, 19 anni, è un ragazzo senegalese arrivato in Sicilia con i barconi nel 2014 e oggi – dopo aver frequentato un corso di formazione con un focus sulla corservazione e trasformazione degli agrumi – con un sogno in tasca: coltivare arance assieme al padre, in Senegal. Simone Nicosia, catanese, 28 anni, laureando in Economia aziendale, un altro dei partecipanti ai corsi di formazione crede nella capacità economico-turistica del comparto: «Il tema del corso – ricorda – era la multifunzionalità delle imprese agricole e agroalimentari, spiegava cosa si riesce a fare avendo un pezzo di terra, dall’agriturismo, all’agricampeggio, all’agriasilo, alla fattoria didattica. A me piacerebbe lavorare in questo settore come inprenditore sto dando una mano ad un mio amico per fare un B&b nel quale si produca. Agricoltura non vuol dire solo produzione, facendo attività commerciale in campagna stiamo cercando di unire due realtà: terziario e agricoltura. Purtroppo la nostra generazione non è molto presa in considerazione…».
Ivan Mazzamuto, presidente della cooperativa agricola «La Normanna» di Paternò rappresenta una delle realtà produttive che hanno partecipato al corso di formazione. «E’ importante – dice – per superare il gap delle nostre aziende che ci siano dei ragazzi formati a tutti i livelli come dipendenti, come operatori commerciali, come imprenditori. Fino a questo momento non c’è stata la giusta mentalità nell’affrontare i problemi odierni dell’agrumicoltura a partire dalla globalizzazione. Mentre una volta i nostri competitor erano Calabria e tutt’al più, grecia e Spagna, oggi dobbiamo competere con la Turchia e i Paesi del Nordafrica dove i costi di produzione sono molto più bassi. Un kg di arance ad un produttore siciliano in campagna non può costare meno di 40 centesimi al kg per sopravvivere, in Africa basterebbero anche 5-6 centesimi. L’unico modo per superare questo tipo di concorrenza è produrre qualità, ci dobbiamo differenziare da prodotti che vengono da paesi terzi e che non si sa nemmeno come vengano coltivati».