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E’ morto Jean-Luc Godard, simbolo della Nouvelle Vague
ROMA (ITALPRESS) – È morto, all’etá di 91 anni, il regista francese Jean-Luc Godard. Nato a Parigi, tra il 1953 e il 1955, dopo aver abbandonato l’attivitá di critico cinematografico, Godard compie numerosi viaggi nelle Americhe e in seguito assume un impiego nella costruzione della diga della Grande Dixence in Svizzera. Da questa esperienza nascerá l’idea per un primo cortometraggio, Opêration bêton, che verrá realizzato nel 1955 con il finanziamento della ditta appaltatrice. Ritornato a Parigi inizia a cimentarsi nei cortometraggi a soggetto. Nel suo terzo cortometraggio, Charlotte et son Jules (1958), doppia la voce di Jean-Paul Belmondo e nel quarto, Une histoire d’eau (sempre del 1958), collabora con il regista Franèois Truffaut che l’anno seguente gli fornirá il soggetto per il suo primo lungometraggio. Il primo lungometraggio risale al 1959 con un film che diverrá il vessillo della nouvelle vague francese: Fino all’ultimo respiro. Il film, che viene girato in sole quattro settimane con un budget limitato e il ricorso all’utilizzo della cinepresa a mano, ottiene il premio Jean Vigo e dá inizio al primo periodo della filmografia godardiana. All’interno di questa sua prima opera sono giá presenti quelle “trasgressioni” ai modelli narrativi tradizionali che la nouvelle vague utilizzerá per distanziarsi dal cosiddetto “cinema de papá”: montaggio sconnesso, attori che si rivolgono direttamente al pubblico, sguardi in macchina. Evidente risulta anche la cinefilia di Godard, che cita ossessivamente i film statunitensi di genere degli anni cinquanta. Il periodo che va dal 1960 al 1967 viene caratterizzato da una grande creativitá che porta Godard a realizzare ventidue film, tra cortometraggi e lungometraggi. A partire dal 1966 Godard sposa le teorie marxiste: il cinema diviene il luogo in cui mettere in atto una severa critica della civiltá dei consumi e della mercificazione dei rapporti umani, ma anche in cui si possa riflettere sullo stesso statuto dell’immagine come portatrice “naturale” di un’ideologia. Dopo aver esaminato la possibilitá di mettere in pratica un cinema rivoluzionario (La gaia scienza, 1968), Godard fonda nel 1969 con altri cineasti il Gruppo Dziga Vertov, sperimentando un cinema collettivo e rifiutando il ruolo di autore nella convinzione che esso sottintenda un’ideologia autoritaria e gerarchica. Nello stesso anno dirige Lotte in Italia, un film per la televisione italiana che si interroga sui rapporti tra film, rappresentazione e ideologia attraverso il racconto di una ragazza borghese che milita in un gruppo extraparlamentare pur rimanendo legata all’ideologia della sua classe d’origine. Altro film di questo periodo é Vent d’est, unico film con il quale lavoracon l’attore italiano, Gian Maria Volontê. Nel tentativo di recuperare la propria identitá artistica e politica Godard rimane per diversi mesi chiuso in se stesso senza lasciarsi intervistare dalla stampa e solo nel 1972 realizza, insieme a Jean-Pierre Gorin, Crepa padrone, tutto va bene, un’indagine sullo stato degli intellettuali nella stagione del riflusso post-sessantottesco. La fine del movimento segna per Godard una pausa di ripensamento. Dopo alcune conferenze tenute presso l’Universitá di Montrêal e all’opera “Introduction á une vêritable histoire du cinêma”, che verrá pubblicata nel 1980, si ritira a Grenoble, dove lavora per alcuni anni ai laboratori di Sonimage sperimentando tecniche cinematografiche a basso costo (Super 8, videoregistratori, ecc). Dopo l’approdo alle tecnologie elettroniche e al video inizia il terzo periodo, quello dell’ultimo Godard, improntato ad una nuova e intensa sperimentazione in cui il video, che convive strettamente con il cinema, viene usato per una critica nuova fatta per immagini alle stesse immagini, anche le proprie. Nasce un’attenzione piú viva per le tematiche del privato, soprattutto quella familiare, che vengono ripresi con toni maggiormente intimistici come in Si salvi chi puó (la vita). In questo periodo Godard riesce a valorizzare la pura immagine a scapito del racconto utilizzando serie di sequenze autonome simili a quadri staccati dalla trama e godibili per la loro sola bellezza come in Passion (1982) che puó essere preso ad esempio della sua nuova concezione estetica dell’immagine. Nelle opere di questo terzo periodo si affianca alla compostezza dell’immagine il motivo ricorrente della musica classica, soprattutto di Mozart e Beethoven che giá erano presenti nei film del primo periodo. Nel film Germania nove zero, che si modella su Germania anno zero di Rossellini, Godard si diverte a giocare con le lingue (il francese e il tedesco), come giá aveva fatto nei film del primo periodo (Fino all’ultimo respiro, dove aveva utilizzato l’inglese e il francese, e ne Il disprezzo l’inglese, l’italiano e il francese). (ITALPRESS). -foto agenziafotogramma.it- mgg/red 13-Set-22 11:36