ROMA – Venti di crisi sul mondo del vino che fa i conti non solo con cantine piene di invenduto, come emerge dalla fotografia settimanale del ministero dell’Agricoltura, ma anche con tetti di produzione per salvare il prezzo della nuova annata imposti da numerosi Consorzi per la prossima vendemmia, oltre che a una vera e propria corsa all’abbandono, Piemonte escluso, del patrimonio fondiario, tenute, cantine o vigneti che siano. Sono 1.142 i lotti di vigneti finiti in asta nel 2019, secondo il centro studi AstaSy Analytics di NPLs RE_Solutions su dati relativi alle esecuzioni immobiliari. Rappresentano oltre 250 milioni di euro di valore di base d’asta e comprendono vere e proprie eccellenze italiane. «Solo poche terre sono state escluse dalla crisi. – sottolinea Mirko Frigerio, fondatore & vicepresidente esecutivo NPLs RE_Solutions e presidente del Centro Studi AstaSy Analytics -. È il caso delle terre del Barolo, cosi come quasi tutte le etichette piemontesi». Nelle Langhe dunque, le terre della malora nei romanzi di Cesare Pavese, le svendite di terreni sono un evento raro, ed è pressoché azzerato il ricorso alle vendite all’incanto. In generale il Piemonte, secondo l’analisi, «ha creato forti aggregazioni che, in tempi di crisi, hanno permesso di garantire al mercato un ottimo rapporto qualità-prezzo».
Quadro ben diverso nelle terre dè I Medici e in quelle del Gattopardo. Oltre il 40% delle pregiate uve all’asta si concentra in Toscana, dove il prezzo dei vigneti finiti in esecuzione è di oltre 100 milioni di euro, ma il cui valore è almeno il doppio. E’ a Montalcino uno dei vigneti più pregiati finiti in asta e valutato oltre 5,2 milioni di euro. Battuti all’asta anche oltre 15 ettari nel Chianti e nella zona del Morellino di Scansano che comprendono terreni, cantine e poderi. A seguire questo trend di dismissioni è la Sicilia col 7% sul totale dei vigneti andati in asta. Da ultima, finita all’asta un’intera cantina di Pantelleria col suo pregiato Passito, a una cifra base che supera i due milioni di euro. All’asta poi diversi ettari nelle Terre del Marsala e nelle aree di produzione della Malvasia a Lipari. L’elenco dei vigneti in asta continua in Puglia (7%), nelle terre nel Negramaro, del Primitivo di Manduria e dei vini del Salento. Il prezzo complessivo dell’intero patrimonio enologico pugliese andato in asta sfiora i 18 milioni di euro, ma le stime parlano di un valore reale oltre i 40 milioni. Anche le griffe delle bollicine cominciano a seguire questa strada: nelle terre del Franciacorta, si contano poco meno di 4 ettari all’asta. Prosegue la lista delle esecuzioni con le produzioni della Bonarda, dell’Oltrepò Pavese e del Romagna Sangiovese, ma qui non in numero così elevato. Per chi resta in attività, dopo il lockdown si è riaperta la sfida del mercato ma è in salita. Sono 43,3 milioni gli ettolitri di vino in giacenza, puntualizza il report settimanale «Cantina Italia» del Mipaaf e Icqrf, l’Ispettorato centrale repressioni frodi del Ministero delle Politiche Agricole, negli stabilimenti enologici lungo la Penisola, in calo del 2% rispetto allo scorso 8 luglio e stock inferiori del 2,4% rispetto a un anno fa. Un’operazione-trasparenza nata, come sottolineato dalla ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova, per «scongiurare fenomeni speculativi e pratiche sleali che colpiscono il made in Italy e danneggiano la nostra reputazione».