Dal primo marzo tornano le prove Invalsi di Italiano, Matematica e Inglese. Come da calendario, i primi a cimentarsi saranno i ragazzi e le ragazze dell’ultimo anno delle superiori, che a giugno dovranno affrontare l’esame di maturità. Quest’anno c’è una importante novità: per la prima volta, le prove Invalsi sono requisito di ammissione all’esame di maturità anche se non hanno nessuna influenza sugli esiti finali dell’esame. A prevederlo è un decreto legislativo, il n. 62 del 2017, che però all’esame di Stato finora non è mai stato applicato, essendo stato sospeso in questi anni a causa dell’emergenza Covid.
«La pandemia, con il suo passaggio improvviso e dalle conseguenze tragiche – ha detto il presidente di Invalsi, Roberto Ricci – ha lasciato un segno evidente nella scuola in termini di esiti di apprendimento degli studenti. Il tempo ha dimostrato in modo molto evidente che i dati acquisiti attraverso prove standardizzate forniscono informazioni utili e necessarie a più scopi: innanzitutto aiutare la scuola a trovare percorsi di miglioramento all’interno della propria specifica realtà e capire come intervenire al meglio nel supportare la scuola a progredire e a rinnovarsi».
Intanto oggi il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, intervenendo alla presentazione di Didacta Italia, dall’8 al 10 marzo a Firenze, ha affermato che tra gli obiettivi che si pone c’è anche quello di una scuola «intelligente, stimolante, dove si studia con passione e serenità». «Stiamo preparano una indicazione agli enti locali per dare attenzione alle luci, ai colori, alla qualità del suono e della didattica negli istituti – ha spiegato il ministro – mi piacerebbe che ogni docente avesse un suo studiolo a scuola, una postazione con un pc, una libreria, dove poter preparare le lezioni, ricevere i genitori, fare ricerca». Il ministro ha anche detto di voler puntare sulla formazione dei docenti che riguardi in particolare l’uso delle tecnologie nella didattica, compresa l’intelligenza artificiale: «Voglio porre un’enfasi particolare sulla formazione continua degli insegnanti. È necessario che gli insegnanti ricevano una formazione di qualità e continua durante la loro carriera. La scuola dovrebbe avere una missione non solo didattica, ma anche di ricerca e questo è un aspetto poco discusso. Durante le mie visite in alcuni istituti scolastici, ho visto addirittura brevetti che dovrebbero essere valorizzati e trasformati in realtà applicative. Vorrei una scuola 4.0 come previsto dal Pnrr, innovativa, all’avanguardia e che sappia essere un modello nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale».
Sul fronte dell’università invece il ministro Anna Maria Bernini, che oggi ha partecipato all’inaugurazione dell’ateneo romano Roma Tre, ha annunciato di voler allargare l’entrata alla facoltà di Medicina «ma in maniera programmata e sostenibile. Sulla base delle primissime stime ipotizziamo un aumento di posti tra i 20 e il 30%». Per Medicina e Chirurgia sono 14.787 i posti al momento previsti dal decreto appena firmato dal ministro; di questi 576 sono riservati ai candidati dei Paesi non Ue residenti all’estero.