Terremoto, Doglioni (Ingv): ‘La sequenza durerà a lungo’

Di Redazione / 08 Novembre 2016

La sequenza sismica che si è attivata in Italia centrale il 24 agosto scorso potrebbe “durare a lungo” e “non si possono escludere nuovi eventi importanti. Abbassare la guardia può essere pericoloso”. Lo ha detto oggi a Roma il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Carlo Doglioni, in un incontro organizzato dalla Stampa estera. Come sia impossibile fare previsioni sui terremoti lo dimostra la storia sismica di quella zona, dove nel 1703 sono avvenuti due terremoti importanti, seguiti da un altro evento a distanza di due anni. Più fondi per la ricerca La ricerca italiana su terremoti e vulcani ha bisogno di fondi: “non ci sono soldi sufficienti per finanziare le attività scientifiche”, ha detto ancora Doglioni. “L’esplorazione spaziale costa miliardi, mentre l’Ingv non ha finanziamenti per vivere”, ha aggiunto riferendosi al fondo di 50 milioni l’anno destinato all’ente. “Quest’anno siamo in serissima difficoltà, al punto che non sappiamo come fare il bilancio. Riusciamo a pagare gli stipendi e a curare la manutenzione degli strumenti. Vorremmo – ha proseguito – quell’extra che ci servirebbe per fare più ricerca, invece non riusciamo ad arrivare a fine anno”. Dove è più probabile che avvengano forti terremoti Prevedere i terremoti resta un’impresa impossibile, ma si può dire dove – non quando – è più probabile che possa avvenire un sisma con una certa magnitudo, ha rilevato Doglioni. Alla luce di queste conoscenze, ha aggiunto, potrebbero essere integrate le attuali mappa della pericolosità sismica, che contiene i dati che definiscono quanto il territorio in cui viviamo sia soggetto agli effetti dei terremoti. “Auspico – ha detto – che in futuro si possa aggiungere a questa carta anche le conoscenze relative alla stima della magnitudo”, con l’indicazione delle aree in cui è più probabile che si verifichino i terremoti maggiori. Alla luce delle conoscenze finora disponibili, si osserva che le aree nelle quali si osserva una deformazione minore sono quelle in cui la faglia sta accumulando una maggiore quantità di energia. E’ in queste zone che potrebbero quindi avvenire i terremoti. “Questo vale – ha osservato Doglioni – per il sisma de L’Aquila del 2009 come per i terremoti di questi giorni nell’Italia centrale”. Evoluzione della situazione partita da L’Aquila La sequenza sismica in corso nell’Italia centrale “é l’evoluzione naturale dell’evento iniziato con il terremoto de L’Aquila” del 2009, ha detto Doglioni. Per Daniela Pantosti, che dirige la Struttura Terremoti dell’Ingv, il primo elemento ad accumunare i due eventi è “la stessa zona geografica”. In occasione del sisma de L’Aquila si era attivata la faglia di Campotosto, ha spiegato Pantosti, e la sequenza che si è attivata dal 24 agosto si localizza subito a Nord rispetto a quella faglia. “Resta comunque – ha osservato – uno spazio fra la rottura avvenuta nel sisma de L’Aquila e quella dell’evento più meridionale della sequenza del 24 agosto”, localizzato nell’area di Amatrice. “La connessione geografica c’è – ha detto ancora la sismologa – ma non possiamo parlare di una sequenza”. Quello che si può dire, ha aggiunto Pantosti, è che “un terremoto grande come quello de L’Aquila ha seriamente perturbato una parte importante della crosta terrestre, ma nel giro di due anni la situazione è tornata nei normali livelli di deformazione, anche se non siamo in grado di quantificare quanto accade in profondità”.

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