Palermo. Piccoli ecosistemi indipendenti di cui prendersi cura. Sembra un ossimoro ma è sorprendente come un terrarium, un micro-giardino sottovetro, catturi l’attenzione, anche se si tratta di un sistema indipendente. La suggestione maggiore è poter vedere – giorno dopo giorno – l’evoluzione delle piante, dalle radici che si fanno strada fra il terriccio, alla nascita delle nuove foglie.
Bianca Corso
«Ho cominciato ad appassionarmi al terrario da qualche mese – dice Bianca Corso, responsabile Narrativa per la Feltrinelli di Palermo – folgorata da una foto di questi piccoli mondi su instagram, me ne sono innamorata e ho cominciato a documentarmi su internet. Ho comprato un manuale “Terrarium” (Ippocampo editore) e mi sono messa a girare per la città comprando barattoli, pietrine, piantine “misto verde” nei vivai, tutto l’occorrente. Ho iniziato svuotando il barattolo lungo della pasta una domenica pomeriggio. Man mano ho comprato gli utensili giusti, oppure adattando quelli che si usano per la manutenzione degli acquari, altri li ho costruiti io con gli stecchi degli spiedini o le bacchette cinesi».
La “magia” del terrario è che non si deve innaffiare se non la prima volta. Tra le poche accortezze da seguire ci sono la collocazione, in un luogo luminoso ma non alla luce diretta del sole, e il fatto che le piante non devono toccare le pareti del vetro per evitare il marciume delle foglie. «Mi affascina molto che siano dei sistemi autonomi – spiega Corso – si innaffia una prima volta, si chiude il barattolo e poi è il processo di fotosintesi a produrre di notte acqua e anidride carbonica. La condensa si deposita nelle pareti interne del vaso e mantiene in vita le piante. È un gruppetto di piante che collaborano per creare l’ambiente giusto. Ogni elemento, sia vegetale che minerale, contribuisce a creare l’equilibrio favorevole, sotto la spinta della luce. Non è soltanto un elemento d’arredo è anche un mondo bellissimo da osservare tutti i giorni che spesso genera stupore ma anche soddisfazione, sembra un piccolo miracolo della natura».
Di qui l’abbinamento fra parole e terrarium è stato quasi naturale. «Un giorno mentre descrivevo ad una cliente la costruzione di questo piccolo mondo fatto di colori, altezze, accostamenti, le dissi che era come che aspettava uno dei suoi amanti chiusa in un giardino. Lei mi fece notare che poteva essere un’intuizione e da lì nacqua l’idea di dare ai terrari dei nomi di personaggi della letteratura. Poi ho pensato che fosse meglio associare la composizione ad una citazione letteraria non necessariamente descrittiva del terrario ma semplicemente adatta all’emozione creativa di quel momento. E così è nato il terrario letterario (ogni terrario è abbinato ad una frase che gli si “adatta” ndr) grazie al quale ho messo insieme le mie due principali passioni. Per me il terrario nasce da un’esigenza di benessere anche rispetto alla condizione che stiamo vivendo in questo momento e penso che in questo periodo così un po’ per tutti. Ti accorgi che le passioni che hai rischiano di diventare un’abitudine che non ti corrisponde più o che non ti basta. Ecco, io ho cercato una cosa che potesse farmi star bene e l’ho trovata in questa esperienza, è anche un modo per riconnettersi con la natura. Il tempo trascorso a prendersi cura di qualcosa è tempo sereno».