Anticipazioni
Ruby-Karima si racconta in un libro: «Ad Arcore balletti sexy, spogliarelli e io restavo di notte»
La giovane marocchina assolta nel processo che ha visto imputato, e assolto, anche Silvio Berlusconi, si sente ormai liberata dal peso di una vicenda che oggi definisce "più grande di lei"
Nella sua biografia "Karima", scritta da Raffaella Cosentino, Karima El Mahroug, conosciuta come Ruby, racconta la prima serata passata a cena nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore. «Il Presidente mi offrì il posto accanto a lui e gli occhi addosso delle altre ragazze un pò mi mettevano in imbarazzo. Iniziò la cena e mi fu chiesto di presentarmi: avevo la risposta già collaudata – racconta – : «Mi chiamo Ruby Hayek, sono metà egiziana e metà brasiliana, ho ventiquattro anni. Mia madre è una cantante molto famosa in Egitto».
La cena viene descritta come intervallata da barzellette, canzoni cantate dal padrone di casa, vociare. «Io continuavo a sentirmi fuori luogo. Al momento del dolce, mi rivolsi al Presidente: "Scusa, ti posso parlare un momento?" – prosegue -. Il gelo intorno. Fu molto educato e cortese, ci alzammo. "Io non sapevo che si trattasse di una cena, pensavo di andare a ballare in discoteca e, noi ci cambiamo lì di solito: non mi sento vestita elegante. Non so di che parlare, mi sento un pò a disagio e poi è San Valentino e vorrei fare una sorpresa al mio fidanzato". "Che lavoro fa il tuo fidanzato?" "Ha un’agenzia di ragazze immagini". "E tu sei innamorata?" "Si". «Va bene vai pure, ci vedremo una prossima volta». «Mi chiese il numero di telefono, mi chiamò un taxi e mi diede una busta – conclude -. La prima serata ad Arcore finì così. In macchina aprii la busta con quattro biglietti da cinquecento euro. Ero al settimo cielo, potevo mandare dei soldi a mia madre e stare tranquilla per un po'».
«Io mi sono esibita ballando la danza del ventre più di una volta, indossando un vestito regalato al Presidente da Gheddafi. Ballare con un vestito così prezioso mi inorgogliva, mi faceva sentire importante. Speciale», racconta ancora Karima El Mahroug, parlando delle serate ad Arcore che aveva iniziato a frequentare «con una certa regolarità» perché «riuscivo a mandare dei soldi a mia madre, a mantenermi e a prendermi cura di me».
«C'erano esibizioni, balletti sexy, travestimenti, spogliarelli prosegue -. Alcune volte sono rimasta ospite per la notte. Era molto piacevole rimanere, perché, al mattino, il momento della colazione era il più interessante. Lontano dagli schiamazzi, il Presidente raccontava la sua vita, discuteva di temi a me molto lontani, ne ero affascinata. Era un mondo così importante il suo e mi sembrava incredibile poterne in qualche modo, anche lontanamente, farne parte. Mi sentivo trattare con dignità, direi come un’interlocutrice degna. I racconti degli inizi della sua professione erano i più interessanti perché aprivano in me finestre di riflessione, mi davano un senso di possibilità. Sono stata sempre trattata con molto garbo e, credo, con affetto sincero». «Quello che non sopportavo era il clima di avidità che si respirava e non mi sapevo spiegare, e rimane per me un mistero anche adesso, come facesse lui a fidarsi di tutte quelle persone o a volerle solo intorno – conclude -. Comprendo perfettamente che questa osservazione possa, a ben vedere, valere anche per me, ma io mi sono sempre sentita diversa».
La prima parte del libro è invece dedicata alla sua infanzia trascorsa inizialmente a Fquih Ben Salah, paesino del Marocco in cui è nata il primo novembre del '92. Poi il trasferimento a Béni Mellal e infine l’approdo in Italia, dove il padre si era trasferito negli anni '70 per lavorare in una fabbrica del nord. La famiglia si ricongiunge in Calabria, a Badolato Superiore, il 14 marzo 2001. Karima è felice perché finalmente può vivere con il padre, che però si trasforma in un uomo sempre più violento: "Le botte – si legge nel libro – erano la soluzione per ogni cosa". Particolarmente doloroso uno degli episodi raccontati da Karima: «Mi prese tirandomi per i capelli e infilò la mia testa nel water, affondando il mio viso sui miei bisogni e tirando poi lo sciacquone. L’umiliazione fu profonda». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA