Recovery Plan, i sindaci del Sud protestano a Napoli per equa ripartizione

Di Redazione / 25 Aprile 2021

ROMA – Fascia tricolore al petto e un testimonial d’eccezione come compagno di lotta, Al Bano Carrisi, i sindaci del Mezzogiorno, tra cui molti dalla Sicilia, si sono radunati a Napoli per rivendicare una equa ripartizione dei fondi del Recovery Plan. Ripartizione che, stando alle prime interlocuzioni avute con il Governo, penalizzerebbe il Sud in favore delle regioni settentrionali disattendendo così i criteri indicati da Bruxelles basati su Pil, popolazione e disoccupazione. “Accuse” respinte in pieno dalla titolare delle Politiche per il Sud, Mara Carfagna, che proprio in mattinata, in concomitanza con l’incontro dei sindaci, ha ricordato «che ieri sera é stato varato un piano che consegna alle amministrazioni meridionali 82 miliardi da spendere in 5 anni». Cifra che il ministro giudica “enorme, superiore a quella che erogò la vecchia Cassa del Mezzogiorno, e che si aggiunge a fondi UE e FSC». Nel frattempo in mattinata sono stati circa 80 i primi cittadini provenienti da tutte le regioni del Sud che si sono ritrovati in piazza del Plebiscito rispondendo all’appello della rete Recovery Sud, il movimento partito dal basso, e alimentato col passaparola, che raccoglie oltre 500 sindaci di comuni grandi e piccoli.

A dare loro il benvenuto il primo cittadino di Napoli, Luigi de Magistris, che ha spiegato le ragioni della protesta: «Al Mezzogiorno spetterebbe il 60% delle risorse – ha sottolineato – mentre stiamo al 40%, sono 60 miliardi in meno. E poi vorremmo sapere se i nostri progetti sono stati approvati. Su questo non abbiamo notizie, il Mezzogiorno rivendica giustizia sociale e la fine delle discriminazioni territoriali, questo è il messaggio che parte da qui. Napoli si mette in testa alla ribellione pacifica contro le ingiustizie. Una insurrezione culturale, una resistenza, una voglia di lottare che unisce sindaci molto diversi, piccoli comuni e grandi città metropolitane in difesa del Mezzogiorno e dell’Unità d’Italia. E’ un segnale anche di unità dei sindaci. Se il Paese vuole rimanere unito deve vedere nel Mezzogiorno non una zavorra ma una grande opportunità di riscatto». «La nostra – spiega il sindaco di Acquaviva delle Fonti (Bari), Davide Carlucci, tra i promotori della manifestazione – è una rete nata spontaneamente, anche dall’interlocuzione con Pino Aprile. Insieme, leggendo i documenti, abbiamo capito che c’era il rischio di un’altra fregatura per il Sud. Così ci siamo organizzati, con il sindaco di Marcianise (Caserta) Antonello Velardi e altri sindaci del Sud abbiamo creato queste rete che conta su 350 Comuni che hanno aderito con delibera di giunta. Ma in realtà siamo molti di più. Cosa chiediamo? Il completamento di opere incompiute da anni e infrastrutture». «Di fronte alle ingiustizie – le parole di Al Bano – è giusto lottare. Sono grato al Nord dove ho avuto quello che sognavo, ma tornando al Sud ho visto che ci sono delle ingiustizie che vanno frenate. Il Sud va difeso e va trattato come il resto del Paese».

Ma a questa prospettiva fanno eco ancora le parole del ministro Carfagna secondo la quale la cifra di 82 miliardi per i municipi del Sud «rende possibile, se investita bene e investita tutta, di far crescere nei prossimi 5 anni il Pil del Sud più di quello del resto d’Italia. Oltre il 22% per il Sud, contro una media nazionale del 15». E aggiunge poi che «le amministrazioni del Sud avranno a breve 2800 nuovi assunti, altamente specializzati, per gestire la programmazione» delle risorse. Pronta la replica di de Magistris: «Vogliamo vedere i fatti. Voglio capire quali progetti sono stati approvati, quante risorse danno. Non è il momento solo delle promesse». In ogni caso la protesta di parte dei sindaci del sud dovrebbe approdare presto a Roma: «Abbiamo appuntamento con il sottosegretario alle Infrastrutture Teresa Bellanova l’11 maggio – spiega ancora Carlucci – abbiamo incontrato la ministra Carfagna, ma se dovessimo continuare a vedere che non ci sarà ascolto nei nostri confronti non escludiamo nuove azioni di lotta come l’occupazione dei Consigli Comunali». 



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