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Quarant’anni di depistaggi, la via tortuosa e piena di ostacoli verso la verità

Di Mara Cinquepalmi |

Bologna – La strage alla stazione di Bologna è una ferita nella storia d’Italia, ma è anche una battaglia segnata da una lunga vicenda giudiziaria e da un’altrettanto lunga scia di depistaggi che iniziano sin da subito. Come l’idea che a provocare lo scoppio fosse stata una caldaia. Due le rivendicazioni dell’attentato: prima quello dei Nar – Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppo d’ispirazione neofascista, e poi dalle Brigate Rosse.

Il primo giugno 1981 nasce l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage. Sul fronte giudiziario, il 19 gennaio 1987 inizia il processo che vede imputati con l’accusa di strage Massimo Fachini, Paolo Signorelli e Roberto Rinani, legati a Ordine Nuovo, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, legati invece ai Nar. La sentenza dell’11 luglio 1988 condanna all’ergastolo quattro di questi, mentre vengono assolti Rinani e Signorelli. Tra i condannati anche il consulente del direttore del Sismi Francesco Pazienza, gli ufficiali dei servizi militari Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e Licio Gelli della P2. Colpo di scena al processo del 18 luglio 1990, quando tutti i condannati per delitti di strage vengono assolti, così come Pazienza e Gelli. 

Il 21 marzo 2018 inizia il processo che vede imputato Gilberto Cavallini. L’ex Nar viene condannato il 9 gennaio 2020 all’ergastolo per concorso in strage. Poco più di un mese dopo, l’11 febbraio, la Procura generale di Bologna chiude la nuova inchiesta sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione notificando quattro avvisi di fine indagine. Tra i destinatari Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia Nazionale, ritenuto esecutore e che avrebbe agito in concorso con Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti e quattro deceduti e ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori, e con i Nar Fioravanti, Mambro e Ciavardini, già condannati in via definitiva come esecutori.

Gli altri tre avvisi di fine indagine riguardano Quintino Spella e Piergiorgio Segatel per il reato di depistaggio e Domenico Catracchia per il quale si ipotizza il reato di false informazioni al pubblico ministero. Intanto, il lavoro degli inquirenti procede e ora si fa strada l’ipotesi di flussi di denaro della P2 a favore del terrorismo fascista. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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