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Ponte Genova: consulente pm, stupito da pochezza controlli

Malberba, in ponte non ce la faceva più

Di Redazione |

GENOVA, 30 GEN – “Stupito dalla pochezza dei controlli” e dalla “mancanza di rilievi topografici”. E’ quanto ha detto al processo per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime) Piergiorgio Malerba, uno dei consulenti della procura, sentito in aula per circa sei ore . L’esperto ha rimarcato che i controlli andavano fatti “sbattendoci la faccia, a distanza di braccio, anche se le nostre norme non lo prevedono” vista la singolarità dell’opera e visto che si sapeva già dal 1975 che vi erano state delle difformità tra l’esecuzione e il progetto di Morandi. “Non ci sono state cause diverse dalla corrosione – ha detto Malerba -. Il ponte non ce la faceva più” visto che “tutti i cavi, primari e secondari, degli stralli della pila 9 erano corrosi”. Secondo l’ingegnere ci sarebbero stati tanti modi per controllare lo stato del viadotto. “Si potevano fare rilevazioni con il georadar per vedere le dimensioni del calcestruzzo da approfondire poi con fori ed endoscopie e un confronto degli elementi speculari” o optare per i più economici rilievi topografici. “Facendoli ogni anno e sovrapponendoli. Così se si notano delle differenze si va ad approfondire la problematica. Per il Morandi ne è stato fatto uno all’inizio e poi uno più in là nel tempo, ma perfettamente inutile visto che non era possibile raffrontarla con nulla”. Sono 58 le persone imputate le persone imputate tra ex dirigenti e tecnici di Aspi e Spea (la controllata che si occupava dei controlli e manutenzioni), dirigenti del ministero delle Infrastrutture e del Provveditorato. Le due società sono uscite dal processo patteggiando circa 30 milioni. Secondo l’accusa tutti sapevano delle condizioni del Morandi ma nessuno fece nulla seguendo la logica del risparmio per garantire maggiori utili da distribuire ai soci.

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