Medici stanchi e demotivati: in Italia 8mila fughe da ospedali in meno di 3 anni

Di Redazione / 21 Aprile 2022

La causa non sono solo i pensionamenti ed i decessi: negli ultimi 3 anni, dal 2019 al 2021, si è infatti registrata una vera e propria fuga volontaria di camici bianchi dagli ospedali italiani. In 8mila hanno abbandonato i nosocomi dando le dimissioni e la ragione è da ricercarsi soprattutto nelle pesanti condizioni di lavoro, aggravate dalla pandemia di Covid. Medici stanchi, disillusi e "senza speranza", un terzo dei quali sogna comunque di andare in pensione nonostante la giovane età, mentre il 38% delle donne medico afferma di sentirsi discriminato sul lavoro ed il 50% non tutelato in maternità. 

E’ la fotografia della categoria medica a due anni dalla pandemia: proprio malessere e richieste dei camici bianchi sono stati al centro della Conferenza nazionale sulla questione medica organizzata dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo). Negli ultimi 3 anni il Servizio sanitario nazionale ha dunque perso, complessivamente, quasi 21mila medici specialisti. Dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale 8.000 camici (2886 solo nel 2021) per dimissioni volontarie e scadenza del contratto e 12.645 per pensionamenti, decessi e invalidità, ha evidenziato il sindacato Anaao Assomed. Cosa cercano? Orari più flessibili, maggiore autonomia ma anche stipendi migliori. Non solo: a due anni dall’inizio della pandemia 15mila medici e odontoiatri sono colpiti dal fenomeno del burnout con vari disturbi ed un terzo, potendo, andrebbe subito in pensione, in particolare i più giovani (il 25% dei medici tra i 25-34 anni e il 31% di quelli tra i 35-44 anni), rileva l’indagine condotta dall’Istituto Piepoli per l’Ordine dei medici, presentata oggi. Questo dato, commenta il presidente Fnomceo Filippo Anelli, «è scioccante, stiamo uccidendo la speranza». Da qui, la proposta di Anelli di istituire un Osservatorio nazionale sulla tutela delle condizioni lavorative dei medici. 

L’attuale carenza di specialisti non è però un problema che si risolve in un giorno, e anzi riguarderà i prossimi anni, ha avvertito il ministro della Salute Roberto Speranza, che propone una strada da seguire: «Il problema è come gestire i prossimi 2-3 anni e stiamo lavorando per trovare soluzioni immediate: su questo, penso anche ad un utilizzo straordinario degli specializzandi, che abbiamo iniziato a fare ma che va rafforzato». Attualmente, è previsto che gli specializzandi dell’ultimo biennio possano partecipare ai concorsi delle asl per essere inseriti in una graduatoria parallela per assunzioni a tempo determinato fino al conseguimento della specializzazione, ricorda Alessandro Bonsignore, coordinatore Osservatorio giovani medici Fnomceo, chiedendo comunque garanzie. Una linea, quella indicata dal ministro, che rispecchia una proposta condivisa anche da molti sindacati medici e che vede d’accordo Anelli: «Si potrebbe arrivare – spiega – ad un nuovo tipo di contratto di formazione-lavoro con il Ssn e questo consentirà di avere un maggior numero di specializzandi a disposizione, non solo degli ultimi 2 anni, da impiegare sotto la supervisione di tutor negli ospedali». La 'questione medicà resta insomma centrale: per questo alla Conferenza è stato presentato un Manifesto in 20 punti in cui i medici chiedono la presenza della professione «in un progetto di rinnovamento della politica sanitaria qual è quello che dovrà essere attuato con le risorse del Pnrr». 
 

Pubblicato da:
Carmela Marino
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