Uccisa a coltellate all’entrata del palazzo dove viveva, quasi sicuramente da una persona che conosceva: è per questo che le indagini degli investigatori, i quali al momento non escludono alcuna pista, si concentrano sempre di più su un suo ex compagno che la polizia sta tentando di rintracciare. A Roma, nel quartiere Trionfale, si consuma l’ennesimo femminicidio, stavolta di una 52enne infermiera, Rossella Nappini.
I primi a dare l’allarme sono stati i suoi vicini e alcuni ragazzi quando hanno visto il suo corpo riverso in terra nell’androne con diverse ferite all’addome, procurate da un’arma da taglio. Ma in tanti sostengono di aver sentito anche delle urla nei minuti precedenti: quando i condomini si sono affacciati al balcone era troppo tardi e c’era già il cadavere della 52enne nel sangue, poco dopo ricoperto dal telo della polizia scientifica.
Sulla vicenda indaga la squadra mobile, che sta valutando una serie di ipotesi anche se alcuni testimoni avrebbero fatto riferimento a continue liti avute dalla donna con un compagno di origine magrebina, secondo quanto riferiscono alcuni suoi conoscenti. Si tratta comunque di testimonianze ancora tutte da verificare.
Sul posto per un sopralluogo è intervenuta anche la pm Claudia Alberti del gruppo violenze di genere ed è stata disposta l’autopsia che stabilirà anche il numero di coltellate che hanno ucciso la donna. Forse il suo aggressore aveva chiesto un ultimo incontro per chiarire tendendole una trappola o forse l’ha aspettata sotto casa in attesa che tornasse dal lavoro, sono dubbi che si scioglieranno soltanto nelle prossime ore.
Rossella, che era separata, viveva con le sue due figlie assieme alla madre anziana di circa 80 anni nell’appartamento del palazzo in via Giuseppe Allievo, luogo in cui è stata uccisa, che fa parte del quadrante a nord ovest della capitale. In occasione del suo compleanno, nel 2018, sul suo profilo Facebook Rossella aveva chiesto come regalo di organizzare una raccolta fondi affinché ci fossero donazioni «alla Casa delle donne per non subire violenza».
La 52enne, che lavorava come infermiera, era stata molto attiva nel campo sindacale e più volte anni fa si era spesa in difesa del suo ospedale, il San Filippo Neri, quando rischiò la chiusura, e contro le privatizzazioni nel campo della sanità. «La periferia che si appoggia al San Filippo rimarrà a guardare il declino di una assistenza pubblica», scriveva in una lettera indirizzata ad un giornale settimanale nel 2012, aggiungendo poi un suo stesso commento in cui invocava l’intervento di un ministro dell’epoca.