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In Italia dilaga la protesta contro dcpm: tensioni sociali allertano il Viminale

Di Redazione |

MILANO – A Napoli in migliaia hanno marciato fino alla sede della Regione e un manifestante è stato fermato. A Torino ci sono stati momenti di tensione quando alcune centinaia di manifestanti hanno lanciato prima dei fumogeni e poi alcuni petardi contro le forze dell’ordine, nella centrale piazza Castello, occupata in precedenza dai tassisti. A Cremona i ristoratori hanno battuto le pentole davanti alla prefettura e poi le hanno lasciate a terra come in un cimitero di stoviglie, a Catania hanno tirato bombe carta davanti alla prefettura, a Treviso in mille hanno sfilato in corteo, a Viareggio giovani hanno bloccato il traffico e lanciato fumogeni e petardi. In tutta Italia, da nord a sud, si sono svolte manifestazioni di protesta contro il Dpcm che impone le nuove chiusure per limitare il contagio da Covid. Altre se ne annunciano per le prossime ore.

E così – dopo la guerriglia dell’altra notte a Napoli e i disordini a Roma e Torino, che sono suonati come un campanello d’allarme – al Viminale sale l’allerta per le tensioni sociali, anche se in quei casi i protagonisti degli scontri non erano imprenditori e lavoratori colpiti dalle misure ma piuttosto centri sociali, esponenti di estrema destra, ultras e manovalanza della criminalità organizzata. La linea, dicono al ministero dell’Interno, è quella della massima attenzione; viene sottolineata la necessità di disinnescare sul nascere ogni situazione di possibile rischio, avvertendo che vi sarà massima fermezza nei confronti dei violenti. Dalla firma del Dpcm le manifestazioni si susseguono di giorno e di notte, alcune pacifiche, organizzate della associazioni di categoria, altre spontanee o che lungo il percorso cambiano la loro fisionomia. E’ successo a Milano dove al presidio sotto la Regione Lombardia del settore del gioco legale, si sono uniti anche altri. E così in un centinaio scarso si sono spostati bloccando il traffico, fino al posteggio dei taxi accanto alla stazione Centrale. La paura, non tanto del contagio ma quella di non farcela più ad andare avanti dopo la botta del primo lockdown, si trasforma in rabbia urlata.

In serata a Napoli in migliaia si sono radunati in piazza Plebiscito con cartelli del tipo ‘Reddito di salute per tutti la crisi la paghino i ricchì; poi, autorizzati, si sono spostati davanti alla Regione urlando ‘dimettiti, dimettitì all’indirizzo del governatore Vincenzo De Luca. Finita la protesta è salita la tensione tra un gruppo di circa cento persone e le forze dell’ordine, che hanno fermato un manifestante. Sempre a Napoli, davanti a un ristorante di via Santa Lucia, una bara è stata ancorata e i manichini di due camerieri sono stati impiccati. A Genova sotto la sede della Regione si sono trovate un centinaio di persone per una manifestazione non autorizzata. La preoccupazione del Viminale è che la rabbia e la frustrazione che monta fra baristi, ristoratori, proprietari di palestre, dipendenti, lavoratori dello spettacolo possa diventare terreno fertile per chi ha interesse ad alimentare le tensioni e che alle manifestazioni – già molte quelle indette nei prossimi giorni – possano essere strumentalizziate e diventare l’occasione per provocatori e infiltrati di mettersi in mostra.

«La questione dell’ordine pubblico è diventata molto sensibile e vanno disinnescate le situazioni più a rischio” spiegano fonti qualificate degli apparati di sicurezza. Perciò, già in questi giorni sono state messe in campo una serie di azioni preventive e in ogni caso, viene ribadito, «non saranno tollerati eccessi». Come già ieri anche oggi il premier Giuseppe Conte ha incontrato una delegazione dei manifestanti davanti Montecitorio, mercoledì vedrà i sindacati e dagli esponenti del governo continuano ad arrivare assicurazione che i ristori ci saranno e al più presto. Ma in molti non si fidano e sentono il bisogno di «alzare la voce». Quello che si teme adesso è che ci sia chi non si limita alla voce.  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA