ROMA – Fase due già dal 4 maggio. Il giorno dopo la richiesta della Lombardia, da Nord a Sud si allunga la lista delle Regioni che chiede di accelerare l’uscita dal lockdown che sta sì aiutando a contenere l’epidemia del Coronavirus ma rischia di paralizzare il Paese fino a uno stato irreversibile. Mentre l’Istituto superiore di sanità avverte che l’immunità di gregge è ancora «lontana» e predica cautela, dal Piemonte alla Sicilia i governatori propongono la loro ricetta e mettono in campo le loro task force, provocando più di qualche malumore sia nel governo sia tra gli esperti chiamati da Palazzo Chigi sotto la guida di Vittorio Colao proprio per elaborare linee guida per l’uscita dalla fase più acuta dell’emergenza.
Una delle ipotesi, spiega Fabrizio Starace, psichiatra del Consiglio superiore di sanità e componente della task force, è quella di aperture differenziate tenendo conto delle caratteristiche dei vari territori. Ma la sua è l’unica voce che si leva in una giornata in cui era attesa una nuova riunione degli esperti: la task force, insediata da poco, ancora non è pronta a fornire le prime indicazioni all’esecutivo – inizialmente si era ipotizzato entro il fine settimana – e non si è nemmeno più riunita in plenaria dopo la videoconferenza del giorno di Pasquetta. Certo, ci si è divisi in vari sottogruppi e alcuni compiti sarebbero stati assegnati anche a singoli componenti, ma una plenaria era attesa nel pomeriggio e invece è stata rinviata. Il manager bresciano avrebbe comunque intensificato i contatti con il comitato scientifico e con il commissario Domenico Arcuri.
I temi sul tavolo sono tantissimi, dagli approvvigionamenti di protezioni individuali a regime per rispondere alle necessità del sistema sanitario, ma molto lontane dalle esigenze di mascherine quotidiane se si dovesse far rientrare tutti al lavoro: se si decidesse di renderla obbligatoria per tutti per uscire di casa – come già sta accadendo in alcune Regioni – il fabbisogno crescerebbe a dismisura e di sicuro non si sarebbe pronti dall’inizio di maggio. Arcuri e Colao avrebbero discusso anche di metodi di tracciamento attraverso app anti-contagio che, ha detto poi Arcuri in tv, sarà volontaria e sperimentata in «alcune regioni pilota», mentre i test sierologici sul campione di 150mila persone saranno avviati da inizio maggio. C’è poi il grande nodo degli spostamenti e delle regole con cui riorganizzare l’accesso agli esercizi commerciali, dai negozi a bar e ristoranti, per consentire un rientro in sicurezza alla «nuova» normalità.
Ma la Task force al momento è in stand by, visto l’iperattivismo dei governatori: accanto ad Attilio Fontana si schierano, seppur con accenti diversi, il Piemonte e il Veneto ma anche la Sicilia che, forte proprio del suo ‘isolamentò naturale, chiede a sua volta di ripartire. Il presidente della Lombardia si dice pronto a dialogare con il governo, e annuncia che nel weekend inizieranno i lavori di una (ulteriore) cabina di regia con il ministro Francesco Boccia e i rappresentanti degli enti locali proprio per «discutere di quelle che possono essere le modalità di riapertura». A quel tavolo Fontana porterà la sua proposta ad esempio di spalmare il lavoro non su 5 ma su 7 giorni per evitare congestionamenti dei mezzi pubblici in orari di punta. Mentre il governatore del Piemonte Alberto Cirio prepara la distribuzione di 5 milioni di mascherine in tessuto multiuso ai suoi concittadini prima di introdurre l’obbligo.
L’andamento in ordine sparso delle Regioni agita anche la maggioranza, col viceministro M5S Stefano Buffagni che torna in affondo contro la Lombardia e chiede a Fontana di «non seguire gli annunci di Salvini» ma di sedersi con il governo a «lavorare in modo serio» e il Pd che si oppone a soluzioni a macchia di leopardo e chiede un intervento nazionale. Preoccupatissimi anche i sindacati che hanno chiesto un nuovo incontro al premier Giuseppe Conte per essere coinvolti nella preparazione della fase 2, invocando una «regia nazionale» sulla sicurezza dei lavoratori e il rispetto alla lettera del protocollo siglato a metà marzo, da accompagnare con «sostegni legislativi».