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Governo, il predellino di Conte: avvocato molla ormeggi e lancia coalizione con Pd e Leu

Di Redazione |

ROMA – Davanti a un tavolino in plexigrass in piazza Colonna ma con alle spalle non Palazzo Chigi, essendo una comunicazione “non istituzionale”: comincia così la discesa in campo di Giuseppe Conte. L’avvocato molla ufficiosamente gli ormeggi e lancia la coalizione con Pd e Leu che piace tanto anche a Beppe Grillo. Escludendo gli «sleali» renziani. L’esito della sua scommessa dipenderà anche dalla sua partecipazione al governo Draghi. Partecipazione che per ora a Palazzo Chigi non prevedono ma chissà che Conte non cambi idea, anche se sulla sua collocazione sorgerebbe più di un problema. Con una postilla: andare alla Farnesina metterebbe benzina in un rapporto non proprio placidissimo, quello con Luigi Di Maio.

Il predellino di Conte permetterà al premier uscente di slacciarsi la «camicia istituzionale». Non è un caso il suo riferimento (a Matteo Renzi, spiegano fonti vicine a Conte) ai “sabotatori” di una formazione di un nuovo governo. E non è certamente un caso quel «io ci sarò» con cui Conte si pone come punto di riferimento per un M5S che entro febbraio inaugurerà la stagione della leadership collegiale. Il tema, spiegano diverse fonti del M5S, è proprio questo: «con quale ruolo Conte si vuole porre come riferimento dei Cinque Stelle? Vuole iscriversi? Vuole partecipare alla votazione su Rousseau?», si interrogano. In realtà Conte non fa riferimento solo al M5S ma ad un’ “alleanza per lo sviluppo sostenibile”. Progressista, europeista, ambientalista. E, in effetti, il premier uscente non incassa plausi solo nel M5S ma anche nel Pd e in Leu. Anzi, paradossalmente, è proprio nel Movimento che la discesa di Conte potrebbe creare maggior scompiglio. Con sullo sfondo una possibile partita sulla leadership con Di Maio. Con un dato: entrambi guardano allo stesso bacino elettorale, un bacino moderato. Entrambi, nell’universo pentastellato, sono gli esponenti con il maggior consenso. Una guerra tra i due, però, rischierebbe di frammentare ulteriormente un Movimento che, già su Draghi, viaggia a vele spiegate verso la scissione. Dopo 24 ore di silenziosa riflessione è Beppe Grillo a muoversi. Alza il telefono e chiama alcuni parlamentari della prima ora: «sedetevi al tavolo conn Draghi, non cancellate i risultati ottenuti finora come il reddito di cittadinanza e portate avanti alcuni punti, come la digitalizzazione o una patrimoniale ai super-ricchi», è l’invito del Garante del M5S. Garante che, secondo fonti vicine al premier uscente, in queste ore ha più volte sentito anche Conte.

A partire dalla notte, sui vertici del M5S è cominciata una serrata moral suasion dell’ala pro-Draghi. Di Maio, certo, apre la strada. Ma anche il sì a Draghi di Virginia Raggi non passa inosservato nel Movimento, soprattutto nel suo invito a parlare di temi e non di poltrone. L’apertura di Conte fa il resto e il sì dell’ex governatore della Bce a un governo politico, salvo colpi di scena, scioglierebbe gli ultimi dubbi dei big del Movimento. Eppure, l’ala dei «descamisados» guidati da Alessandro Di Battista non cede. In parte spera ancora in un’improbabile Conte-ter. In parte vede il sì a Draghi come l’ennesimo tradimento dei valori originari. A testimonianza del difficile bivio a cui vanno incontro, i «dibattistiani» sono perlopiù in silenzio. «E l’appoggio di Berlusconi, che peraltro va anche alle consultazioni, renderà ancora più difficile il sì unanime dei gruppi», ammette un deputato MS5 «draghiano». La frattura su Draghi potrebbe fare da anticamera alla scissione. «Il M5S degli attivisti è nelle mani di Di Battista ma è un Movimento che non ha più ragione di esistere. Noi dobbiamo evolverci», spiega una fonte pentastellata. Ma in caso di scissione ci sarebbe il problema non da poco del simbolo: andrebbe al Dibba o al M5S 2.0? «Il simbolo Beppegrillo.it è di Beppe», ricorda un deputato. E il Grillo degli ultimi mesi sembra lontano anni luce da quello del «vaffa day».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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