Dal fisco al lavoro, ecco la ricetta per la crescita di Mario Draghi

Di Domenico Conti / 17 Febbraio 2021

ROMA – Riforma complessiva del fisco, con un addio agli sconti acchiappavoti. Revisione degli ammortizzatori sociali spingendo sulle politiche attive. Liberalizzazioni che tornano nell’agenda, messe nel cassetto dalla politica per un buon lustro. Ma il vero nodo saranno gli aiuti selettivi alle imprese, dove il rischio di una lunga scia di fallimenti rappresenta una sfida politica ed economica erculea.

Le priorità di Mario Draghi per la crescita partono, naturalmente, dalla lotta alla pandemia e dai 210 miliardi del Next Generation Eu. Ma buona parte delle riforme per la crescita suggerite da Bruxelles fanno parte di un’agenda che l’ex presidente della Bce ha ben chiara da anni per dinamizzare un’economia che cresce strutturalmente meno dei partner europei.

Si parte dalle tasse, dove Draghi preannuncia «una revisione profonda dell’Irpef» tesa a «semplificare e razionalizzare» riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività, anche attraverso «un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale».

Impegni sul solco del Governo Conte 2, ma Draghi va oltre: le tasse non si cambiano una alla volta, occorre impedire che «specifici gruppi di pressione» spingano per «misure scritte per avvantaggiarli». L’impegno è a una semplificazione, mettendo mano alle centinaia di tax expenditures, sconti fiscali e provvedimenti ad hoc, dall’assegno unico familiare al regime forfettario al 15%, e archiviando la “flat tax”. L’«intervento complessivo di riforma dell’intero sistema fiscale» da ridisegnare con gli esperti, sul modello danese, riceve il plauso del presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Massimo Miani. C’è comunque il plauso della Lega, «ottimo punto di partenza».

Un personale più competente e la spinta alle piattaforme digitali dovranno velocizzare la P. A. ed occorrerà rendere più efficiente la giustizia civile: provvedimenti che chiede anche la Ue nelle sue country-specific recommendations. Anche da Confcommercio c’è il plauso del presidente Claudio Sangalli: bene il «riferimento al turismo che va supportato sia per superare il “disastro creato dalla pandemia”, sia per affrontare la sfida del cambiamento e della sostenibilità», e così anche «la scelta strategica tra “quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento”».

Ma è sul lavoro, sul destino di aiuti, incentivi e ristori che tengono in vita migliaia di imprese, sulle liberalizzazioni, “bestia nera” di buona parte del centro-destra ma anche dei 5 Stelle, che il piano di Draghi per la crescita rischia di sollevare i nodi politici più difficili.

Il presidente del Consiglio si è soffermato sulla necessità di colmare «uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa», dare più prospettive a donne, giovani, autonomi, i lavoratori più colpiti. Ma ha anche avvertito che «il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche».

E’ un messaggio duplice: alle imprese si prospettano interventi più selettivi, mirati a quelle in grado di crescere nel post-pandemia, e non a pioggia. Inoltre proteggere il lavoratore, prima che il posto di lavoro, significa sì mantenere l’impianto del reddito di cittadinanza, ma aprire alla riforma degli ammortizzatori sociali, puntando sulle politiche attive per riqualificare chi perde il posto. Con la pandemia che rischia di lasciare una lunga scia di disoccupazione, e l’avvicinarsi del 31 marzo, data in cui scadrà il divieto dei licenziamenti, che alza il pressing delle parti sociali: «non vorremmo di nuovo, tra poche settimane, assistere a una nuova protrazione del blocco generale dei licenziamenti», è l’appello del presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Di tutt’altro tenore le parole del leader della Cgil Maurizio Landini: “condivisibile unire l’azione sull’emergenza, a partire dalle vaccinazioni e dalla proroga del blocco dei licenziamenti, con le riforme».

Con Draghi, poi, torna ad essere pronunciata la parola “concorrenza”, sparita dal ‘vecchiò recovery plan: tradotto, le liberalizzazioni, dai trasporti ai servizi pubblici locali fino alle concessioni: tema politico incandescente da anni cui nessuno aveva più osato avvicinarsi. 

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Pubblicato da:
Redazione
Tag: crescita fisco governo draghi mario draghi