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Corsa per il Dpcm di Natale: dai ristoranti ai parenti, le Regioni trattano le deroghe

Di Luca Laviola |

ROMA – Sarà domani il D-Day in vista del Dpcm di Natale. Quel giorno si vedranno governo e Regioni e il timore dell’esecutivo è che i governatori vogliano attaccare l’impianto di misure anti-Covid nel complesso piuttosto severe pensate dai ministri per le prime festività di fine anno sotto pandemia.

I presidenti di Regione si vedranno oggi per cercare una linea comune e le anticipazioni del ligure Giovanni Toti già fanno presagire una trattativa non facile: ristoranti aperti anche di sera a Natale e Santo Stefano e magari anche gli altri giorni clou. Un’idea che fa a pugni con il coprifuoco fissato alle 22 e con la chiusura dei locali alle 18, limiti che il governo sembra deciso a mantenere per tutte le festività. I nodi del ‘tutti a casà e della ristorazione si intrecciano con gli orari dei negozi, destinati invece ad allungarsi fino a due o tre ore da mezzanotte. E arriva anche l’ultima proposta al governo da parte degli assessori delle Regioni alpine (Trentino, Alto Adige, Veneto, Friuli – Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Valle D’Aosta) per salvare lo sci a Natale: concedere skipass solo a chi pernotta in albergo e a chi ha le seconde case.

Ma la questione che davvero riguarda tutti ed è terreno di scontro sembra essere la mobilità tra regioni. Il governo sta pensando a un divieto di spostamento a partire da un giorno non ancora fissato a ridosso di Natale. Potrebbe essere il 19, il 21 o anche il 16 (meno probabile), per consentire a un certo numero di persone di tornare a casa o dai parenti stretti per le feste prima della chiusura delle frontiere interne.

Sull’ampiezza delle deroghe – per fidanzati? Genitori anziani? Congiunti? – si gioca una partita anche nella maggioranza. Ma il tempo stringe, perché l’attuale Dpcm scade il 3, giovedì. E il nuovo deve entrare in vigore il 4.

Resta poi il nodo della scuola, con l’intenzione di riaprire il grosso delle classi dopo la Befana, ma senza ancora escludere la possibilità di sospendere o ridurre in percentuale la didattica a distanza per le scuole superiori già a dicembre. Su quest’ultima ipotesi i governatori sembrano abbastanza compattamente contrari , con l’eccezione pesante di Stefano Bonaccini dell’Emilia Romagna, presidente della Conferenza delle Regioni.

Ma è sulle cene fuori durante le feste che potrebbe accendersi lo scontro martedì con il governo, rappresentato in primis dal ministro degli Affari regionali Francesco Boccia. Il prolungamento dell’orario dei ristoranti, che ora chiudono alle 18 a parte l’asporto, cozza contro la difesa del principio del coprifuoco alle 22, «che ha funzionato per ridurre i contagi, e dovranno passare sul mio corpo per posticiparlo», riferiscono che abbia detto Boccia. Ma Toti avverte: «Ritengo che nei giorni delle prossime festività i ristoranti debbano poter rimanere aperti anche la sera, perché già hanno sofferto tanto».

Per il partito dei ristoratori parla anche Pasquale Naccari, presidente di quelli toscani. «Il Natale sarà rosso, rosso come i nostri conti, come il bollino che ci vuole mettere il Governo con tutte queste restrizioni che inducono l’opinione pubblica a credere che i nostri locali siano luoghi pericolosi – dice -. Saremo rossi perché non potremo lavorare».

Conciliare sicurezza sanitaria ed economia è il difficile obiettivo per evitare la terza ondata dopo le feste, ora che la curva epidemica con grande fatica e migliaia e migliaia di vittime sembra essersi stabilizzata.

Dopo la Befana tutti gli occhi saranno sulla prima campagna di vaccinazioni prevista entro gennaio dal commissario all’emergenza Domenico Arcuri per 1,7 milioni di persone. Domani Arcuri assieme a rappresentanti del governo incontrerà gli emissari della Pfizer, la multinazionale farmaceutica che produce il vaccino che sarà utilizzato. «Se funziona, a fine estate saremo fuori dall’incubo», dice il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli.

«Avremo sicuramente la copertura di vaccini per tutto il Paese», assicura Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, «perché la fornitura sarà gestita dallo Stato e non dalle Regioni come nel caso di quello anti-influenzale», osserva. Ricciardi si dice contrario però a una vaccinazione contro il Covid obbligatoria: «Meglio – riflette – una grande campagna informativa».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA