ROMA – Salgono i numeri dell’epidemia di coronavirus in Italia, con 26.062 casi (2.989 in più rispetto a ieri) e il numero complessivo dei contagiati, comprese vittime e guariti, è pari a 31.506; i decessi solo aumentati a 2.503 (345 più di ieri), confermando l’incremento del 10% che si osserva da giorni. Sono cifre che confermano la tendenza generale, mentre l’attenzione si sposta verso la situazione nel Centro-Sud ed è ancora difficile dire quando ci sarà il picco, che potrebbe arrivare fra il 25 marzo e il 15 aprile. Nel frattempo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) avverte che esiste il rischio che l’epidemia possa tornare. “Il rischio che l’epidemia di Covid-19 dopo questa prima fase possa in seguito ripartire c’è, a partire dalla Cina, dove certo non tutta la popolazione è stata colpita», ha detto il direttore generale aggiunto dell’Oms, Ranieri Guerra, a margine della conferenza stampa della Protezione civile.
Nel frattempo si guarda ai dati attuali. “I numeri di una giornata non hanno rilevanza statistica e si inseriscono bene nella tendenza osservata in questi giorni”, osserva il fisico Giorgio Sestili, curatore della pagina Facebook dedicata all’analisi dei dati epidemiologici sul coronavirus. «Non sono numeri né buoni né negativi, ma sul dato nazionale siamo certi che non sia più crescita esponenziale», ha aggiunto. «Finora è stata la Lombardia a trainare il dato nazionale, ma adesso lo sta rallentando in quanto la crescita, sebbene ci sia ancora, è più lenta. Nei prossimi giorni – ha aggiunto – sarà importante vedere il dato relativo al Centro-Sud, dove si osserva una crescita veloce ed esponenziale, ma dove non si vedono ancora gli effetti delle misure restrittive». Per questi motivi, ha proseguito Sestili, «c’è un’incertezza molto ampia riguardo all’arrivo del picco. Quello che possiamo dire – ha aggiunto – è che alcune analisi parlano di un picco che potrebbe aggirarsi fra il 25 marzo e il 15 aprile». Sono però ancora moltissime le variabili da considerare e nel frattempo «è importantissimo continuare con la chiusura totale ed evitare la nascita di focolai nel Centro-Sud». Un concetto ribadito dal commissario Angelo Borrelli nella conferenza stampa della Protezione civile: «Quello che è importante è limitare la mobilità e stare più possibile a casa perché questo è l’unico modo che ci permette di ridurre» la diffusione del virus. E’ ancora «prematuro – ha aggiunto – fare previsioni sulla diffusione del virus al Sud e per poter esprimere dei giudizi”; quanto al picco, Borrelli ha osservato che «la prossima settimana potremo avere dati più adeguati in relazione alle misure adottate». E’ un tema, quello del contenimento, ormai prioritario in tutta l’Europa, come ha rilevato Ranieri Guerra. «L’Europa – ha detto – dovrebbe adottare quanto più possibile misure congiunte, non è possibile fermare questo virus con misure tradizionali. Più unificata la risposta più efficace la difesa della popolazione. Non solo come misure di contenimento, ma anche come informazioni da condividere». Traduce in cifre l’efficacia delle misure di restrizione la ricerca pubblicata sulla rivista dell’Associazione dei medici americani, Jama, condotta dal gruppo del Policlinico di Milano guidato da Antonio Pesenti: se non fossero state adottate misure severe, al 20 marzo la Lombardia avrebbe rischiato di avere 14.542 malati gravi da ricoverare in terapia intensiva e il collasso del sistema ospedaliero. Dal rispetto delle misure di restrizione dipendono infine i tre possibili scenari dell’evoluzione della situazione in Italia, frutto dei modelli elaborati dall’Università di Genova e dalla società Helpy: il picco potrebbe avvenire fra il 18 e il 19 marzo, quando in Italia i nuovi casi al giorno potrebbero essere intorno a 4.000, oppure fra il 23 e il 25 marzo, o ancora intorno al 28-29 marzo, con circa 5.000 casi al giorno. (ANSA).