Italia
Coronavirus, epidemia in Italia rallenta: il picco potrebbe durare giorni
ROMA – Anche se i numeri oscillano di giorno in giorno, la tendenza generale continua a confermare un rallentamento che potrebbe portare la curva dell’epidemia di Covid-19 a raggiungere una sorta di plateau: una fase di picco che potrebbe durare a lungo prima di iniziare la discesa. Questo nonostante i decessi siano saliti a 9.134, con un aumento di 969 rispetto a giovedì, il più alto registrato finora, ma è anche una fotografia dell’epidemia a 20-25 giorni fa, quando è avvenuto il contagio. Aumenta anche il numero dei malati, ma con un rallentamento dei nuovi casi: 4.401 rispetto a giovedì dai 4.492 registrati mercoledì. Il numero complessivo, compresi vittime e guariti, è arrivato a 86.498.
Il picco dell’epidemia di coronavirus in Italia si sta avvicinando, ma non ci siamo ancora, ha detto il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), Silvio Brusaferro, nella conferenza stampa organizzata dall’Istituto. Dal 20 marzo, ha aggiunto, si nota un’apparente riduzione della curva dei contagi, tuttavia «non siamo in una fase calante, ma – ha precisato – di rallentamento della crescita». Certamente, ha proseguito, «la pendenza della curva sarà costruita sui nostri comportamenti». C’è «un rallentamento evidente», della curva epidemica anche secondo il fisico Giorgio Parisi, dell’Università Sapienza di Roma. Se il picco è vicino, ha proseguito, «è prevedibile che sarà piatto». Prima di cominciare a scendere, la curva epidemica potrebbe stabilizzarsi su un plateau che potrebbe durare molti giorni, ha osservato Parisi. «C’è un ragionevole rallentamento, ma – ha aggiunto – la curva potrebbe risalire se dovessero comparire nuovi focolai: nonostante il confinamento restano realtà in cui le persone sono a contatto».
È comunque impossibile avere un’idea di quante siano le persone asintomatiche, che pur avendo l’infezione da coronavirus non hanno sintomi o ne hanno molto lievi, hanno detto Brusaferro e il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli. «Ci sono soggetti che hanno contratto il coronavirus ma con una sintomatologia molto sfumata ed è chiaro che in questo momento è assai difficile definire il moltiplicatore di questa quota rispetto a coloro che sono stati intercettati». È assolutamente «impossibile definire con precisione un moltiplicare di 2, 4 10 o 20: non lo sappiano. Lo andremo a recuperare come informazione anche con studi di identificazione di sieropositività in varie aree del Paese e questo ci permetterà di capire la percentuale dei soggetti che hanno sviluppato anticorpi per avere un’idea dell’immunità di gregge e per considerare, certamente non adesso, la ripresa dell’attività sociale».
Fare il tampone a tutta la popolazione per Locatelli è “impossibile in un Paese con 60 milioni di abitanti”. Il tampone, ha osservato, dà la fotografia del momento in cui viene fatto e non possiamo continuare a ripeterlo a tutta la popolazione quattro o sei giorni». La prevenzione è intanto una delle armi principali in quella che il commissario straordinario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, ha definito una «guerra» contro «un nemico invisibile di cui conosciamo i lineamenti, ma non di più». Operatori sanitari, ricerca e informazione, ha aggiunto, sono le altre carte da giocare contro l’epidemia. Questa, ha detto ancora, è una «crisi mondiale» nella quale «c’è bisogno di collaborazione, senza egoismi e senza particolarismi». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA