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Coronavirus, dall’aria alle superfici le diverse vie del contagio
ROMA – Persiste nell’aria più a lungo di quanto si pensasse faccia ogni altro virus finora noto, le sue particelle trasportate dalle goccioline in sospensione possono fare salti di circa due metri e, se tocca le superfici, possono fermarsi da qualche ora ad alcuni giorni; le sue tracce, sebbene debolissime, sono state trovate anche nell’acqua: sono le tessere di un mosaico sul nuovo coronavirus SarsCoV2 ancora largamente incompleto ed è assolutamente presto per trarre, su queste basi, qualsiasi conclusione sulla sua contagiosità. Certamente il virus responsabile della Covid-19 ha dato segni di trasmettersi facilmente, ma il quadro non è ancora chiaro. Sicuramente è un virus aggressivo e conoscerne il comportamento è importante per mettere a punto le contromisure e strumenti adeguati per prevenirlo.
La notizia più recente riguarda la capacità delle sue particelle di restare in sospensione nell’aria fino a 16 ore, un periodo molto più lungo rispetto a quanto fanno i virus che appartengono alla stessa famiglia del SarsCoV2, i betacoronavirus, in particolare quelli responsabili della Sars che ha colpito nel 2002-2003 e la Mers comparsa nel 2015. Come sta accadendo dall’inizio della pandemia, anche questa ricerca è stata pubblicata sul sito MedRxiv, che non ha revisione scientifica: una strada inedita ma più veloce per garantire una rapida condivisione dei risultati e che spesso è un’anticamera alla pubblicazione sulle riviste scientifiche internazionali. La ricerca arriva dalla collaborazione fra le università americane Tulane e Pittsburgh con l’Istituto statunitense per lo studio delle malattie infettive Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases), che fa parte dei National Institutes of Health (Nih). Dai Nih, con le università di Princeton e della California, è stata condotta la ricerca che ha misurato la persistenza del SarsCoV2 sulle superfici: fino a 4 ore sul rame, fino a 24 ore sul cartone e fino a 72 ore su plastica (polipropilene) e acciaio inox.
Un’altra ricerca, al centro della lettera inviata recentemente dall’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti al capo delle politiche scientifiche della Casa Bianca, indica che il nuovo coronavirus viaggia nell’aria con il semplice respiro, su distanze di circa due metri. Infine, le tracce infinitesime del virus trovate nelle acque di Parigi sono da considerare con molta prudenza. Nell’acqua non potabile della città, osserva lo pneumologo Luca Richelli del Policlinico Gemelli di Roma, sono state trovate tracce del materiale genetico del nuovo coronavirus, ossia l’Rna. «Trovare tracce dell’Rna virale nell’acqua è diverso dal dire che c’è il virus attivo. Sicuramente – rileva – si tratta di un virus nuovo e avremo modo di saperne di più, ma non credo che questa notizia debba farci allarmare». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA