Coronavirus, a Bergamo quarta vittima in Italia e i contagi continuano a crescere

Di Redazione / 24 Febbraio 2020

MILANO – Terza vittima del Coronavirus in Lombardia, la quarta in Italia. All’ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo è morto un uomo di 84 anni, ricoverato da tempo per patologie pregresse.  «La situazione è che il numero dei contagiati sta aumentando: siamo a circa 150» ha detto  questa mattina il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. «Aspettiamo di vedere gli esiti dei provvedimenti presi ieri che daranno un contributo a rallentare e interrompere» il contagio. «Nessuno – ha aggiunto – pensava che fosse così aggressiva la diffusione».

Il presidente ha comunque voluto invitare alla calma, spiegando che «i medici con cui ci siamo confrontati per le misure che abbiamo preso hanno detto di non farsi prendere dal panico, ma nemmeno di avere un comportamento imprudente. Bisogna continuare a vivere come se non ci fosse nulla di nuovo, ma evitare comportamenti imprudenti che possano aiutare la diffusione. La vita deve essere quella di tutti i giorni», ha detto Fontana.

Anche se non può essere la vita di tutti i giorni dopo la disposizione di chiusura di scuole, università, musei. Sospese le messe. Porte sbarrate al Duomo di Milano (per i turisti) ed alla Scala. Stop a tutti gli eventi in programma. Restano aperti i negozi, ma non i bar ed i locali notturni, off limits dalle 18 alle 6. Le misure varranno per una settimana. «Se la situazione dovesse degenerare – ha spiegato il governatore Attilio Fontana – si potrebbero assumere iniziative più drastiche e rigorose” sul modello di quelle che in Cina sono state adottate «a Wuhan». E nel capoluogo lombardo è corsa al cibo. I supermercati sono stati presi d’assalto dai milanesi.

Una spiegazione della rapida diffusione del virus nel Lodigiano e in Lombardia ha provato a darla Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive all’ Università degli Studi di Milano e primario del reparto di Malattie infettive III dell’Ospedale Sacco che in una intervista al Corriere della Sera ha spiegato ch «da noi si è verificata la situazione più sfortunata possibile, cioè l’innescarsi di un’epidemia nel contesto di un ospedale, come accadde per la Mers a Seul nel 2015. Purtroppo, in questi casi, un ospedale si può trasformare in uno spaventoso amplificatore del contagio se la malattia viene portata da un paziente per il quale non appare un rischio correlato». 

«Non sappiamo quindi ancora chi ha portato nell’area di Codogno il coronavirus, però il primo caso clinicamente impegnativo di Covid-19 è stato trattato senza le precauzioni del caso perché interpretato come altra patologia» sottolinea. Quello che si può dire di sicuro «è che queste infezioni sono veicolate più facilmente nei locali chiusi e per contatti relativamente ravvicinati, sotto i due metri di distanza».

Rispetto all’arrivo del virus in Italia, per Galli «è verosimile che qualcuno, arrivato in una fase ancora di incubazione, abbia sviluppato l’infezione quando era già nel nostro Paese con un quadro clinico senza sintomi o con sintomi molto lievi» e ha così «potuto infettare del tutto inconsapevolmente una serie di persone. Se l’avessimo fermato alla frontiera avremmo anche potuto non renderci conto della sua situazione».

L’infettivologo si augura che con l’arrivo della stagione calda i casi diminuiscano ma «non ci possono essere certezze». Rispetto alla reale letalità di questa infezione, «per adesso, se dobbiamo parlare in base ai dati relativi alla provincia di Hubei, in Cina, la letalità è del 3,8%» ma «la letalità è più bassa se si considerano i casi fuori della Cina».

Nel parlare di un possibile vaccino, bisogna essere prudenti nelle previsioni, tuttavia «nel caso di Covid -19 l’infezione sta interessando tutto il mondo e quindi lo sforzo della ricerca è molto più robusto e diffuso». 

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