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Conte incassa la fiducia (con la Var sul voto): ma ora è rebus tra rimpasto e dimissioni

Di Redazione |

ROMA – Il premier Giuseppe Conte incassa la fiducia al Senato al termine di una lunga giornata politica che si è arenata proprio alla fine con la necessità di andare in “sala Var” per il voto di Alfonso Ciampolillo, ex-m5S del gruppo Misto. Il senatore aveva chiesto di votare ma la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, lo aveva fermato: «Avevo già chiuso la votazione della seconda chiama». Dopo la visione dei filmati, i senatori Lello Ciampolillo, ex parlamentare del M5s, e Riccardo Nencini di Italia viva sono stati riammessi al voto sulla fiducia al governo, nell’aula del Senato. 

Alla fine il risultato è stato di 156 a favore della fiducia, 140 contro e 16 astenuti. 

Il D-Day del governo Conte-bis si sviluppa su due piani. Quello dell’Aula, palcoscenico del duello tra il presidente del Consiglio e Matteo Renzi. E quello di una piccola stanzetta di Palazzo Madama da dove Giuseppe Conte i suoi «pontieri» danno vita alle ultime, frenetiche trattative. Senza un gruppo di volenterosi, infatti, per Conte sarà difficile andare avanti dopo il voto del Senato. Il premier ha, secondo i calcoli nella maggioranza, una decina di giorni di tempo. Poi dovrà tornare alle Camere con un rimpasto in tasca. E dopo aver superato il bivio più scomodo, quello delle dimissioni.

Il premier esce quindi da Palazzo Madama con una maggioranza relativa. Una maggioranza che Conte si impegna ad allargare per tutta la giornata. Telefonate ed incontri si succedono nelle pause dei lavori nella stanza dove si chiude con il suo staff per due volte. Ad un certo punto, in uno dei corridoio del Senato si vedono a colloquio anche Lorenzo Guerini e Matteo Renzi. Ma l’ex premier e Iv appaiono «persi» e anche i pontieri Dem sembrano essersi arresi. Un rientro di alcuni renziani, dalle parti di Palazzo Chigi, sarebbe il benvenuto ma nel governo si guarda anche ad altri lidi. All’Udc, innanzitutto. O a Riccardo Nencini che Conte nomina testualmente nella sua replica. Fuori dall’Aula, però, il capo del governo dovrà fare i conti innanzitutto con gli equilibri in squadra. Un eventuale gruppo di volenterosi si traduce in incarichi di governo o del sottogoverno. E più bassa sarà la maggioranza relativa più, sottolinea una fonte di maggioranza, Conte «dovrà faticare».

Il premier nei prossimi giorni (forse già domani) si recherà al Quirinale per un colloquio informale sulla situazione politica. Ed è probabile che, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Conte spieghi di voler rafforzare la maggioranza e di prendersi alcuni giorni per farlo. Solo dopo il premier si recherà alle Camere per una nuova fiducia. Difficilissimo, tuttavia, che non debba passare dalle dimissioni. «Ma come si fa a chiedere a un ministri di dimettersi», spiega una fonte di governo.

L’unica via, allora, è quella di ripresentarsi, fra almeno una settimana, al Colle da dimissionario e con un accordo di maggioranza in tasca. A quel punto Mattarella potrebbe dargli un incarico esplorativo per un Conte-ter e dar vita a consultazioni. Si tratterebbe di una crisi pilotata, con pochi rischi ma con l’eventualità – spiega una fonte vicina al premier – di «forche caudine» in Aula che vedrebbe l’opposizione urlare contro «chi pensa solo alle poltrone». Il Colle, tra l’altro è alla finestra, consapevole che Conte potrà prendersi il tempo che serve per il «ter» ma che, allo stesso tempo, le sfide del Paese richiedono rapidità d’azione. Tempi stretti che, sta chiedendo il Pd. «Se non si materializzano i volenterosi sarà difficile reggere a lungo», prevede una fonte Dem rimarcando la necessità di un rilancio che porti a un governo basato su un progetto politico solido fino alla fine della legislatura.

Il rimpasto non sarà solo una conseguenza dell’ingresso dei volenterosi. Tutti, nella maggioranza, sottovoce vogliono un tagliando alla squadra. Anzi, nel M5S, sono già partite le fibrillazioni su chi, nel Movimento, sarà chiamato a trattare. E con Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro nel mirino di una parte dei gruppi. «Alla prima congiunta verrà chiesto che a sedersi al tavolo su squadra e tavolo saranno i capigruppo», sottolinea una fonte di primo piano del Movimento mentre cresce la tensione anche sull’ipotesi che sia Conte a scendere in campo con la prospettiva di un partito. «E chi vi aderirà? Quelli al secondo mandato…», è la previsione che circola nel Movimento. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA