ROMA – «Estranei e trasparenti». In un’audizione fiume davanti ai pm di Perugia iniziata alle nove di mattina e conclusasi alle cinque del pomeriggio, la Juve respinge ogni ipotesi di un suo coinvolgimento nell’esame «farsa» messo in piedi all’università per stranieri di Perugia per consentire a Luis Suarez di ottenere l’attestazione della conoscenza della lingua italiana e poi richiedere la cittadinanza. E attacca. «La verità – dice lo storico avvocato dei bianconeri, Luigi Chiappero – viene spesso alterata, ritagliata, ricostruita e restituita in un racconto che magari serve più al lettore e però non è la verità».
A far più rumore della difesa della Juve è però la decisione del procuratore Raffaele Cantone di sospendere temporaneamente l’indagine per «riprogrammare le attività e garantire la doverosa riservatezza». Una scelta forte, presa dall’ex presidente dell’Anticorruzione in seguito a quelle che definisce ripetute violazioni del segreto istruttorio. Fughe di notizie, in sostanza, che hanno riguardato principalmente i personaggi legati alla Juve ed entrati a vario titolo nell’indagine, dal direttore sportivo Paratici a Chiappero fino all’Head of Football Teams and Technical Areas Federico Cherubini.
Gli interrogatori e le attività istruttorie riprenderanno dunque lunedì, a partire dall’analisi di pc e telefoni sequestrati agli indagati per poi proseguire con l’audizione di Maurizio Oliviero, il rettore dell’università Statale che ha messo in contatto Cherubini con l’ateneo per gli Stranieri. E non è affatto escluso, anche se per il momento è solo un’ipotesi investigativa, di sentire in videoconferenza proprio Suarez.
Chiappero e l’avvocato Maria Turco, la collega che ha seguito tutta la pratica del Pistolero e che è stata in contatto con i vertici dell’ateneo umbro, sono usciti dagli uffici dei pm Paolo Abbritti e Gianpaolo Mocetti dopo 8 ore. Ringraziando i due magistrati per averli convocati in tempi molto stretti. Aspettavamo anche con un po’ di ansia – ha detto Chiappero – l’occasione per poter riferire tutto quello che dovevamo». «E’ andata bene, abbiamo ascoltato le domande che ci sono state poste dai pubblici ministeri e pensiamo di avere contribuito in maniera positiva alla ricostruzione dei fatti nella nostra veste, che era quella di testimoni e che ci è servita per ribadire la trasparenza del nostro operato professionale». Dunque la Juve è estranea a tutto? «Certo», ha risposto l’avvocato.
Ma al di là delle parole che arrivano dal club, bisognerà vedere se le spiegazioni fornite dai due legali abbiamo soddisfatto i pubblici ministeri. E, dunque, se abbiano fornito quelle evidenze che consentano di escludere una pressione della società bianconera sull’università al fine di agevolare la pratica. Che ha seguito una corsia fin troppo preferenziale, stando a quanto sostengono gli inquirenti e gli investigatori: esame di 12 minuti con domande “preconfezionate” e fornite in anticipo al calciatore, una seduta ad hoc, anticipata di cinque giorni rispetto alla data inizialmente prevista.
La prova si è infatti svolta il 17 settembre e non il 22, appena 48 ore dopo la decisione della Juve di abbandonare Suarez al suo destino perché – almeno stando a quanto trapelò dalla Spagna – si era resa conto che non ci sarebbero stati i tempi tecnici per riuscire ad aggirare lo status di extracomunitario. Una decisione presa lo stesso giorno in cui i finanzieri ascoltano due telefonate fondamentali per l’inchiesta: quella in cui la professoressa Stefania Spina confessa che Suarez «non spiccica na parola» di italiano e quella in cui l’esaminatore Lorenzo Rocca indica al suo interlocutore i voti da dare al calciatore, a prescindere dall’esito della prova.