Il Vaticano riapre il caso Orlandi. Il promotore di giustizia Alessandro Diddi avvierà nuove indagini in relazione alla scomparsa di Emanuela, avvenuta a Roma nel giugno del 1983. L’apertura del fascicolo, la cui notizia è stata confermata anche dalla sala stampa vaticana, è legata ad una serie di istanze presentate in passato da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela.La magistratura vaticana in primo luogo analizzerà gli atti e i documenti relativi alle vecchie indagini. Il procedimento della Procura di Roma sulle sparizioni di Orlandi e di Mirella Gregori, anche quest’ultima del 1983, venne archiviato nell’ottobre del 2015 su richieste dall’allora procuratore capo Giuseppe Pignatone, ora presidente del Tribunale vaticano.
Pietro Orlandi spera che «si possa arrivare a una soluzione. La verità c'è, sta da qualche parte sta e molte persone la conoscono». Confermato anche il sit-in che si terrà a Roma, a Largo Giovanni XXIII, il 14 gennaio, giorno in cui Emanuela compirebbe 55 anni. La decisione del Pm vaticano sarebbe legata a diversi fattori. Innanzitutto, secondo quanto aveva detto l’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, a gennaio dello scorso anno il Papa le aveva scritto indicandole appunto di rivolgersi al Promotore di giustizia. E infatti la legale oggi conferma: «E' da un anno che attendevamo di essere ascoltati». «Credo che abbia influito anche la proposta di una iniziativa di una commissione di inchiesta dello stesso Parlamento», aggiunge la stessa Sgrò.
Il tutto oggi si intreccia con le ultime rivelazioni del segretario di Ratzinger, monsignor Georg Gaenswein, che interessano, tra i tanti dossier affrontati nel libro in uscita tra qualche giorno, anche il caso Orlandi. Un libro nel quale di fatto contesta Papa Francesco che oggi lo ha convocato per un confronto. Nessuna informazione ufficiale è stata data sui contenuti del "faccia a faccia" che sarebbe stato comunque abbastanza breve. Gaenswein, nel Bollettino vaticano di oggi, viene ancora definito con il titolo di Prefetto della Casa Pontificia, anche se è dal 2020 che non esercita questo ruolo. Nel libro «Nient'altro che la verità» (Piemme) mons. Gaenswein, in relazione ad un documento di cui parla in queste ore anche Pietro Orlandi, dice: «Questo fantomatico dossier non è mai stato reso noto unicamente perché non esiste». Conferma però di avere incontrato Pietro il 9 dicembre del 2011 e poi spiega perché, consultandosi con la sala stampa vaticana allora guidata da padre Federico Lombardi, non chiese a Papa Benedetto XVI di fare un suo intervento su Emanuela Orlandi all’Angelus. "Personalmente avevo espresso la mia massima disponibilità e solidarietà", aggiunge. Ma afferma che la questione fu studiata da monsignor Giampiero Gloder della Segreteria di Stato e la conclusione fu appunto quella di evitare un intervento pubblico di Ratzinger. Infine l’arcivescovo tedesco fa sapere che anche l'allora capo della Gendarmeria, Domenico Giani, «consultò la documentazione dell’epica e concluse che non c'era stata alcuna notizia tenuta nascosta alla magistratura italiana e che nel frattempo non erano maturate ulteriori ipotesi riguardo alle quali poter approfondire le indagini in Vaticano».
La decisione del Vaticano arriva qualche settimana dopo l'iniziativa di alcuni parlamentari italiani che chiedono una commissione d’inchiesta sui casi Orlandi, Gregori e Cesaroni. Il deputato del Pd Roberto Morassut primo firmatario, commenta: «La notizia della riapertura delle indagini sul caso Orlandi da parte della giustizia vaticana è molto positiva e si muove nella direzione della ricerca della verità». Un dossier, l’avvio della commissione d’inchiesta, che vede una sollecitazione bipartisan, dal Movimento 5 Stelle alla Lega.