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Sanità, PNRR e “Missione 6 Salute”

«Non bastano nuovi Poliambulatori per la svolta, ma interconnessione tra i servizi e integrazione socio-sanitaria»

Di Redazione |

In vista della scadenza del 2026 il coordinatore di Rete Civica della Salute Pieremilio Vasta mette a fuoco gli obiettivi del DM77

In Sicilia i cronoprogrammi e l’avanzamento dei lavori che dovrebbero rivoluzionare il sistema sanitario regionale puntano alla scadenza del 2026: in questa direzione sono in atto le procedure per portare a termine i progetti finanziati dal PNRR “Missione 6 Salute”. «Strutture edilizie e nuove apparecchiature non bastano da sole a cambiare lo stato delle cose – spiega Pieremilio Vasta, coordinatore della Rete Civica della Salute, che nelle nove province siciliane conta oltre 70mila cittadini informati – cioè la  mancanza di reale continuità assistenziale nella presa in cura dei bisogni sanitari e la disconnessione tra prevenzione, assistenza primaria, specialistica, ospedaliera e riabilitativa del SSR che, seppur unitario, non è gestito e non opera come un sistema integrato di tutela della Salute. Occorre soprattutto la rifunzionalizzazione operativa, metodologica e valoriale di tutte le risorse umane che hanno insufficiente conoscenza del disegno riformatore, del cambiamento delle prassi che richiede, del coinvolgimento, fiducia e motivazione necessarie per fare un cambio di passo. Ugualmente nelle istituzioni regionali delle Politiche Sociali e degli Enti Locali, nelle imprese del mercato della salute e del welfare. Le vere criticità non sono strutturali bensì gestionali»

«L’attenzione dei vertici regionali dovrebbe comprendere – continua Vasta – l’attuazione delle nuove funzioni assistenziali che il PNRR assegna a Centrali Operative Territoriali, Ospedali e Case della Comunità, come chiarito nel “Documento di indirizzo” di Agenas, dove si precisa l’importanza delle “reti di servizi e reti sociali: le case della comunità come strumento per l’integrazione dei servizi e dei professionisti e per il protagonismo competente della comunità”. Altrettanta attenzione – precisa Vasta – manca finora sulle raccomandazioni di Agenas per la co-progettazione con gli utenti nell’ambito delle Case della Comunità. La funzionalità delle 155 strutture previste e finanziate con 217 milioni di euro, infatti, dovrebbe passare dalla concreta integrazione del servizio sanitario con quello sociale, con il fondamentale coinvolgimento nella cabina di monitoraggio (annunciata ieri dalla Regione Siciliana) dei Comuni e con il costante confronto con il Terzo Settore nella governance istituzionale. Solo con la co-progettazione e la capacità delle organizzazioni sanitarie e dei professionisti di lavorare in collaborazione e sinergia con pazienti, sarà possibile apportare un concreto miglioramento a beneficio degli utenti. Per questa ben più ampia consapevolezza dovrebbe intervenire il Presidente della Regione nei sui poteri e responsabilità d’indirizzo politico».

«La partecipazione sociale – aggiunge Vasta – è una parte sostanziale del cambiamento culturale necessario al rafforzamento territoriale della tutela di salute. Non possiamo correre il rischio di non cogliere il senso del DM77 e ridurre le 155 Case della Comunità a poliambulatori a sportello, più o meno attrezzati, e le 50 Centrali Operative Territoriali a scatole vuote».

«La svolta sanitaria potrà essere percepita provvedendo alla formazione delle risorse umane con équipe di tipo integrato, transdisciplinare e multiprofessionale– precisa Vasta – team efficienti e centrati sul contesto territoriale e sulla capacità di promuovere la partecipazione dei pazienti e della comunità. Il personale dovrebbe essere aggiornato sui temi dell’inclusività, dell’equità, della prossimità e territorializzazione, della centralità della persona e delle modalità di partecipazione dei pazienti e cittadini alla Salute e alla Sanità».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA