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Centro storico di Catania, aspettando il “PUG”: «Oltre la museificazione per una rigenerazione urbana»

Di Redazione |

CATANIA – “Un primo passo verso la programmazione e la pianificazione, per una rigenerazione della città che superi il concetto di museificazione del centro storico, cristallizzato in un passato ormai superato”. Un coro unanime quello emerso durante il convegno “Catania: per un centro storico contemporaneo”, organizzato da Ance Catania, Ordine Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori etnei, Ordine e Fondazione degli Ingegneri di Catania e Collegio dei Geometri e Geometri Laureati etnei. Un incontro che ha acceso i riflettori sullo studio di dettaglio del centro storico (approvato lo scorso marzo) e che ha visto protagonisti anche il Comune di Catania e l’Università etnea.

«Un risultato raggiunto dopo un percorso sinergico tra istituzioni e professionisti avviato nel 2016 – ha esordito l’assessore all’Urbanistica di Catania Enrico Trantino – con lo scopo di colmare le numerose difficoltà economiche, sociali e strutturali della nostra città. Uno strumento volto a valorizzare l’esistente patrimonio edilizio, aprendo anche a nuove possibilità, superando le condizioni di degrado e abbandono della zona storica della città. Oggi con una possibilità in più, quella dei fondi europei, un treno da non perdere e per cui abbiamo intensificato il rapporto con i professionisti, con lo scopo di rafforzare il personale degli uffici tecnici, nella consapevolezza che i dipendenti non rappresentano un costo, ma un vantaggio, per velocizzare iter burocratici».

Nello specifico, come illustrato dal direttore della Direzione Urbanistica di Catania Biagio Bisignani, «sono state definite le tipologie delle singole unità edilizie e individuate tre sottozone nella zona omogenea “A”, che si estende per circa 180 chilometri quadrati. Un complesso lavoro progettuale in cui il supporto tecnico di Ordini professionali, Ance Catania e Soprintendenza è stato fondamentale». Oltre 7mila gli edifici analizzati, tra palazzi nobiliari, immobili e capannoni, «dando indicazioni – ha aggiunto Bisignani – su quali interventi effettuare mediante opere di architettura contemporanea o, in alcuni casi, attraverso la demolizione».

«Una direttrice che indica la strada per superare i limiti legati alla rigida idea che porta a “imbalsamare” i centri storici, impedendo importanti interventi e ponendo un evidente freno all’evoluzione urbanistica – ha dichiarato il presidente di Ance Catania Rosario Fresta – occorre un approccio diverso e semplificato, favorendo il riuso degli edifici abbandonati e degradati, superando l’immobilismo e limitando il consumo di suolo, con conseguenti vantaggi dal punto di vista economico e della sicurezza».

Uno studio di dettaglio che permettere di conoscere meglio la città, «conoscenza a cui non bisogna porre limiti e che non deve essere vista come punto di arrivo, ma deve gettare le basi per il necessario Piano Urbanistico Generale, che manca ormai da quasi 50 anni – afferma il presidente OAPPC Sebastian Carlo Greco – uno strumento importante per individuare gli elementi che non rappresentano un valore reale per la collettività, perché non tutto ciò che è legato al passato dev’essere preservato. Se questa città vuole attrarre deve farlo non solo per la sua storia, ma anche con un linguaggio contemporaneo, frutto della programmazione e non solo delle necessità del momento – ha aggiunto Greco – e in questo gli Architetti possono giocare un ruolo da protagonisti, soprattutto se chiamati in causa attraverso i concorsi di progettazione: solo così si potrà intervenire in modo pratico e corretto».

Propositiva nella redazione del documento anche la categoria degli Ingegneri, individuando nello studio di dettaglio «uno step importante nel percorso di rigenerazione e riqualificazione, per una città densa di storia e che vuole distinguersi con un carattere e un’architettura contemporanea – ha spiegato il presidente Mauro Scaccianoce – a questa, devono seguire altre tappe importanti, legate alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica e alla redazione del Piano Urbanistico Generale. Un percorso in cui occorre fissare dei tempi e norme che non ingessino il centro storico, consentendo interventi che rendano più attrattiva la città, anche per gli investitori privati». A braccetto anche la Fondazione degli Ingegneri, il cui pensiero è racchiuso nelle parole del presidente Filippo Di Mauro: «Si tratta di un documento in linea con le logiche della nuova pianificazione territoriale e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha stanziato circa 2,7 miliardi di euro per la riconversione degli edifici pubblici, la rigenerazione delle aree degradate e la trasformazione urbanistica ed edilizia».

Tra gli interventi anche quello di Agatino Spoto, presidente dei Geometri etnei che ha sottolineato l’importanza «di impegnarsi per creare le condizioni affinché la popolazione residente, turisti, commercianti, artigiani, professionisti e impiegati raggiungano una migliore qualità di vita, avendo una percezione di funzionalità e benessere. Far tornare il centro storico un luogo vivibile significa dotarlo dei migliori servizi per cittadini, famiglie, anziani e bambini. Oltre a innalzare gli standard di qualità e sicurezza. Questo è possibile solo attraverso la pianificazione, il recupero degli spazi aperti e con interventi che valorizzino il territorio sotto tutti i suoi aspetti».

A impreziosire i contenuti del dibattito – moderato da Bruno MaccarronePatrizia Gabellini, professoressa onoraria di Urbanistica del Politecnico di Milano. Nelle sue considerazioni, avvalorate dal confronto con altre realtà del Nord Italia – su tutte Bologna – ha individuato nello studio di dettaglio «un primo passo verso una conoscenza ampia della città, fissando importanti linee guide da integrarsi con il PUG. Uno step importante, che sfata il tabù del centro storico quale parte speciale e intoccabile, integrandolo nel sistema e nelle dinamiche della città. Un processo che supera il concetto di cristallizzazione, attraverso una pianificazione della rigenerazione urbana».

Nel parterre della tavola rotonda professionisti e rappresentanti delle istituzioni: Donatella Aprile (soprintendente dei Beni Culturali di Catania), Gaetano Laudani (ingegnere capo del Genio Civile della città etnea), Enrico Trantino (assessore all’Urbanistica di Catania), Giuseppe Messina (consigliere delegato Governo del Territorio OAPPC CT), Carmelo Grasso (presidente del CePSU Catania), Agatino Spoto (presidente Geometri di Catania) e Salvatore Messina (vicepresidente Urbanistica e Territorio di Ance Catania). Il dibattito ha ulteriormente confermato l’importanza del centro storico quale nucleo fondamentale di scambio e interscambio. Motivo per cui occorre rivedere la città nella sua interezza, dalle infrastrutture agli spazi aperti, attraverso norme chiare, ma allo stesso tempo flessibili.

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