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LA PAROLA A ETTORE BARBAGALLO

Brand “Etna”, rischi e opportunità

Di Redazione |

Promuovere il Vulcano e il paesaggio tutt’intorno; valorizzare le bellezze naturalistiche e offrire intrattenimento culturale; creare un legame con il territorio attraverso la storia e le tradizioni, consentendo anche ai turisti di entrare in empatia con l’Isola ma soprattutto con la sua Comunità; guardare all’ambiente con l’apertura che consente di progettare nuove esperienze, nuove alleanze ma sempre nell’ottica green. Tutto questo (e molto altro) è racchiuso nel mondo di Ettore Barbagallo, presidente regionale dell’Associazione Amici della Terra, imprenditore che ha fatto del “turismo esperienziale” e dell’”edutainment”, non solo un lavoro, ma una vera e propria mission, in nome di un brand riconosciuto in tutto il mondo: l’Etna.

Classe 1965, dottore in Scienze Agrarie, docente di ruolo nelle scuole superiori dal 1994, dirigente nazionale CONI, Barbagallo è riuscito a creare una vera e propria filiera museale intorno al Vulcano, che ruota intorno ad un asset valoriale ben preciso, con l’obiettivo di promuovere identità e senso di appartenenza. Sotto il cappello di “EtnaToday”, infatti, operano ben cinque strutture family friendly, che si rivolgono soprattutto alle scuole per arricchire l’offerta didattica in modo non convenzionale. La “Casa delle Farfalle”, l’”Apiario dell’Etna”, il “Parco dei Miti”, il “Planetario di Zafferana” e il “Museo dell’Etna” di Viagrande, sono tutte realtà originali, realizzate interamente con fondi privati, che nascono dalla voglia di educare il piccolo pubblico alla cultura dell’Ambiente e della sostenibilità – i cittadini di domani – e di farlo proponendo attività pratiche che possano stimolare senso critico, creatività ma anche conoscenza.

 «Più di vent’anni fa abbiamo avviato questo percorso che si snoda intorno al turismo ambientale – sottolinea Ettore Barbagallo, che è anche componente del Consiglio Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale (CRPPN) e già membro del Comitato Esecutivo del Parco Etna – e che nel tempo si è ampliato arricchendosi di un’offerta di servizi sempre più articolata. Abbiamo cominciato con la Casa delle Farfalle a Viagrande e oggi queste strutture ospitano migliaia di visitatori l’anno e dispongono di riconoscimenti e patrocini istituzionali, tra cui quello del Ministero dell’Ambiente e dell’Ufficio Scolastico Regionale. Il Museo dell’Etna ha anche ricevuto il Premio nazionale RAI “Alta qualità per l’infanzia”, ma l’obiettivo che ci poniamo adesso è quello di proporre ai turisti, oltre alla consueta visita ai crateri dell’Etna, anche una “esperienza” più coinvolgente che comprende un approfondimento scientifico e culturale”».

Quindi si dovrebbe superare la logica “mordi e fuggi” che ha caratterizzato l’Etna in questi anni. È possibile? Con quali strategie?«Oggi si parla tanto di over tourism – spiega Barbagallo – cioè quel fenomeno che si verifica quando una destinazione turistica riceve un numero di visitatori così elevato da causare impatti negativi sull’ambiente, sulla qualità della vita dei residenti locali e sull’esperienza stessa. In realtà, sull’Etna questa “preoccupazione” è limitata all’area sommitale del vulcano e francamente credo che sia giunto il momento di migliorare l’offerta cercando di spalmare nel tempo e nello spazio le presenze turistiche, lavorando, in sinergia tra pubblico e privato, per trattenere il turista anche una sola notte in più sull’intero territorio del Parco dell’Etna. Inoltre, il riconoscimento dell’Etna da parte dell’Unesco, ottenuto grazie all’impegno e alla professionalità dello staff del Parco dell’Etna, non è solo una medaglia da indossare, ma è una grande opportunità che garantisce una maggiore attrattività e allo stesso tempo uno strumento per tutelare un bene naturale tra i più importanti al mondo. È l’occasione per dimostrare l’efficacia dello sviluppo sostenibile. Parlando di strategie: l’auspicata “economia di ricaduta”, si può avviare attraverso la presa di coscienza degli operatori nella direzione di innalzare la qualità dell’offerta turistica e offrendo proposte in connessione profonda e autentica con la storia, la cultura e le tradizioni del territorio, coinvolgendo anche le stesse persone che lo vivono quotidianamente. Occorre, parallelamente, investire sulla professionalità nel settore».

Ma bastano solo gli sforzi dei privati in questa direzione?«Come dicevo prima – continua Barbagallo – l’auspicio è il reale e concreto coinvolgimento di tutti gli stakeholders, comprese le istituzioni pubbliche, superando ostacoli demagogici e appartenenze politiche. Su questo, anche per esperienza personale, ritengo di poter essere ottimista perché di norma gli amministratori dimostrano buon senso e perché credo sia ormai pacifico che non si può più prescindere dalla sostenibilità ambientale e dal rispetto per la nostra terra. Dobbiamo, da siciliani, scommettere su noi stessi e sulla nostra identità, per offrire ai giovani una qualche ragione per rimanere qui. Per questo Amici della Terra ed EtnaToday hanno deciso di puntare proprio sulle scuole, perché è da lì che occorre partire per una vera e propria rivoluzione culturale che ponga al centro l’amore per la nostra isola, puntando sull’educazione e sulla crescita sana dei piccoli cittadini di domani e auspicando un cambiamento che parta proprio dal basso».

Lei ha diverse anime, non è un imprenditore puro: forse anche per questo è riuscito a fare impresa in modo non convenzionale? Si è battuto per l’istituzione della “Giornata del Paesaggio siciliano”; ha cercato il dialogo per promuovere la protezione e la valorizzazione dei paesaggi siciliani; ha più volte denunciato speculazione edilizia, scempio ambientale e rischi connessi all’abuso, anzi al sopruso dell’uomo sulla natura.«Molte delle attività che svolgo hanno una forte connotazione educativa, ambientale e sociale – conclude il presidente regionale di Amici della Terra – influenzando l’approccio alle altre. Ma cerco sempre di trovare un equilibrio ponderato, senza demagogia, senza preconcetti e seguendo il principio della scienza e della competenza. Creare iniziative in Sicilia è difficile, lo sappiamo, ma si può fare: occorre molta determinazione, umiltà e “fegato”. I freni principali sono la burocrazia, un tessuto sociale poco recettivo e con scarso senso di cooperazione, istituzioni poco inclini alla programmazione a lungo termine. Da giovane, mentre studiavo all’Università, lavoravo anche alla Forestale, in montagna: sveglia alle 4 ogni mattina e poi lavoro e studio fino a sera. È stata una bella palestra di vita, ho imparato tante cose pratiche e conosciuto eroi della vita quotidiana. Oggi si usa spesso il termine “resilienza”: è una bellissima parola, mutuata dallo studio degli ecosistemi naturali e che si può tradurre anche nella capacità di generare nuove opportunità di pensiero e idee creative per superare le difficoltà. Ai giovani direi di partire proprio da qui, da una base di competenza, esperienza e valori, per guardare con occhi positivi il futuro cogliendo dal Vulcano tutta quell’energia che gli dà vita».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA