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La Grande Bellezza e la crociata dei pm contro scempi e affari

Di Mario Barresi |

Agrigento. La Grande Bellezza. Qui, ad Agrigento.

Minacciata. O, peggio ancora, già deturpata. Da chi ha cementificato le coste fino alla battigia, da chi ha fatto spuntare come funghi gli ecomostri con vista sui templi. Da chi non fornisce servizi – vitali, come acqua e rifiuti – all’altezza degli standard minimi di qualità e, talvolta, di legalità. E chi si rende responsabile di tutto questo trova (spesso, ma per fortuna non sempre) nei politici, con tappeti rossi srotolati anche nelle stanze delle istituzioni, gli alleati più strategici ed efficaci. Per convenienza elettorale, come minimo. Quando non per connivenza almeno culturale. Fra zone grigie e sospette infiltrazioni mafiose.

La Grande Bellezza.

Che non è abbandonata a se stessa.

Tutelata dalle associazioni, dai comitati, da cittadini che alzano la voce. Ma, purtroppo, sarebbe un ululare alla luna. Se non fosse per un’altra alleanza – laicamente miracolosa, di certo disinteressata – rimasta come ultimo baluardo per chi, ancora, è convinto che qualcosa possa cambiare. E osserva la crociata – un po’ guerra santa, un po’ lotta contro i mulini a vento – dei magistrati. Che qui, terra di coraggio leggendario (Esseneto) e di “lanterninosofia” letteraria (Pirandello) presidiano questa trincea.

«Con luci e ombre», ammette il procuratore capo Luigi Patronaggio. Che ha ereditato e alimentato la seppur recente tradizione di un ufficio in prima linea contro gli scempi edilizi. La linea di fermezza dell’allora aggiunto Ignazio Fonzo, ora a Catania, destinatario di una letterina degli abusivi che lo accusavano di essere di essere «cattivo e spregevole» per «avere fatto piangere tante famiglie» con le demolizioni, che sarebbero servite soltanto a «fargli fare carriera in magistratura».

Non ti curar di loro, ma guarda e passa. E così Patronaggio è andato avanti. Ben oltre quella busta con annesso proiettile di capitolato e bigliettino con scritto «Zecca sei nel mirino», che potrebbe avere una matrice xenofoba (per aver “osato” indagare Matteo Salvini su Aquarius) ma non è detto. Avanti, per invertire la piramide delle 23 demolizioni effettuate dai Comuni su 1.420 ordinanze della Procura (dato denunciato in commissione Ambiente al Senato nel 2016), ma anche per scalare la vetta, ogni mese più alta, della montagna di circa 60mila richieste di sanatoria.

E allora, fra le «luci», Patronaggio rivendica alcuni «buoni successi». Come la «liberazione» di Scala dei Turchi, «dove siamo riusciti a far abbattere un ecomostro»; come la «tutela della Valle dei Templi, oggi blindata rispetto a nuovi abusi», aspettando che il Comune proceda su quelli del passato; come «il modello Licata, diventato un fiore all’occhiello, un record nazionale di demolizioni effettuate». Ma ecco le «ombre», alcune «sconfitte che – ammette il procuratore con onestà intellettuale – abbiamo registrato in questo percorso». Una è il dark side di Licata, dove il sindaco delle ruspe, Angelo Cambiano, dopo essere stato sfiduciato, non s’è ricandidato ed è tornato a fare l’insegnante. L’altra è il non luogo a procedere, disposto dal gup di Agrigento, per il sindaco di Palma di Montechiaro, Stefano Castellino, indagato dalla Procura (per omissione, falso e abuso d’ufficio) per aver imposto l’alt alle demolizioni. «Un segnale molto pericoloso», lo definisce Patronaggio: «Il sindaco ha pubblicamente rivendicato il governo del suo territorio. Leggeremo le motivazioni della sentenza prima di un eventuale ricorso». E infine Lampedusa. Che resta «una scommessa aperta». Non ancora persa. Ma compromessa da quella palude dentro cui annaspano le ordinanze di demolizione degli immobili abusivi nella riserva dell’Isola dei Conigli. «Dopo numerosi sopralluoghi abbiamo individuato una precisa mappa, ma ancora il Comune non ha bandito la gara per affidare la demolizione».

Vittorie, sconfitte. E anche un pareggio. A partita in corso. Come «le risposte, con tempi e modi diversi e pur sull’onda dei morti del 2018, che i sindaci ci stanno dando sul rischio idrogeologico». A novembre scorso il procuratore chiese «una urgente ricognizione degli immobili abusivi ricadenti entro la fascia di 150 metri dai corsi d’acqua o costruiti in spregio dei vincoli idrogeologici, per avviare con la massima celerità le demolizioni». Il risultato resta incerto, anche perché «la politica non ci accompagna, poiché demolire non dà un ritorno elettorale, mentre opporsi alle ruspe o strizzare l’occhio agli abusivi decisamente sì. E non solo ad Agrigento – rileva Patronaggio – ma anche nelle aule parlamentari di Palermo e Roma».

E dire che «i sindaci non hanno più l’alibi della carenza di fondi, anche se potrebbero finanziare le demolizioni con i proventi di sanzioni amministrative che invece non applicano, perché adesso i Comuni possono attingere alla Cassa depositi e prestiti. Anche se secondo me un compito così delicato come quello delle demolizioni dovrebbe essere svolto dallo Stato». Parola di Salvatore Vella, procuratore aggiunto di Agrigento. Che s’è preso la sua dose di minacce: «A chistu pubblico ministero l’ama fari satari in aria cu lu tritolo», gli vomitò in faccia un estortore incrociato in un centro commerciale durante una pausa pranzo.

Del resto, Vella ha sul suo tavolo alcune delle inchieste più importanti. Non solo di mafia. Per le quali tremano i potenti di Agrigento. «L’impegno della Procura sui reati legati al territorio e all’ambiente – ricorda l’aggiunto di Patronaggio – è su più versanti, grazie al lavoro del Noe e dei reparti territoriali di carabinieri e finanza». Cita la «lotta all’abusivismo e alla cementificazione selvaggia di coste e patrimoni archeologici e naturali», ma anche «altri settori, come l’acqua e i rifiuti, che con la sanità rappresentano i business più redditizi, talvolta caratterizzati da mala gestio quando non da preoccupanti anomalie».

E così, ça va sans dire, il pensiero corre dritto verso Girgenti Acque, il colosso monopolista del servizio idrico colpito da interdittiva antimafia sul presidente Marco Campione, firmata dal prefetto Dario Caputo . «Un sistema di potere trasversale», l’ha definito Claudio Fava dopo le prime audizioni della sua commissione regionale Antimafia ad Agrigento. Non solo cose di Cosa Nostra. «C’è anche un livello superiore che il procuratore Patronaggio – ha rivelato Fava – definisce una lobby trasversale. Una lobby che mira a intercettare i grandi processi di spesa pubblica, collegata, nella sua trasversalità, a ogni ambiente di tutela politica, senza un preciso colore e a circuiti massonici meno limpidi».

Per approfondire leggi anche: AGRIGENTO, LA PROCURA CONVOCA I SINDACI

Vella parla di Girgenti Acque. Della «anomalia della depurazione in mano a un unico soggetto», ma anche della circostanza che «un terzo dei depuratori sono stati sequestrati e quasi tutti gli altri sono oggetto di indagine» e ciò a fronte di «una depurazione in condizioni precarie» e di «una qualità del servizio idrico scadente».

E Vella parla anche, esplicitamente, della discarica di Siculiana, di proprietà della potente famiglia Catanzaro. «Sono in corso accertamenti – rivela – e accessi ispettivi sulla regolarità amministrativa e sulle modalità di trattamento e pre-trattamento dei rifiuti».

Quanto basta, nella nostra prospettiva di “Sicilia 2030”, per avere il beneficio del dubbio. «Non ho la sensazione di un cambiamento incombente, non lo vedo», confessa il pm. Eppure siamo davanti a «problemi individuati», a «soluzioni non complicate ma individuabili». Bisogna applicarle. Senza aspettare che sia sempre la magistratura a fare la “supplente cattiva”.

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