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L'intervista

Caso aeroporti, Coraci: «Mai favoritismi, in Sicilia noi minacciati, la verità sulle assunzioni»

Il proprietario di Asc Handling: «Non conosco i politici. Lo sbarco a Palermo e Catania? Tutto regolare, anzi ci hanno ostacolati»

Di Mario Barresi |

Alle sette della sera, sul display spunta una chiamata via WhatsApp da un numero straniero. Nella foto del profilo un tramonto col mare in tempesta. All’altro capo del telefono una voce giovanile, con un accento inglese misto a una smaccata inflessione trapanese.«Buona sera, sono Ignazio Coraci. Sono a New York, sto facendo una passeggiata. Posso spiegarle il mio punto di vista su quello che ha scritto?».

Ignazio Coraci

Comincia così un lungo colloquio con il grande capo di Asc Handling, alcamese trapiantato a Londra da quando aveva 19 anni. La sua società – al centro dell’inchiesta de La Sicilia sui nuovi potentati negli aeroporti siciliani e sugli intrecci con la politica, con le distrazioni di Enac – sbarcata da nulla, ha conquistato il mercato dei servizi di terra negli scali siciliani. Con alcuni passaggi sospetti (soprattutto a livello di vigilanza dell’Enac) e una lista di “figli di” nelle assunzioni.Coraci viene subito al dunque: «Ho letto il suo articolo più volte. Lei è convinto che la mia azienda ha avuto dei favoritismi in Sicilia, vero?».

Ci sono molti fatti oggettivi che portano a pensarlo.

«E invece non è così. Io sono siciliano, il mio sogno era investire nella mia terra. Ma è stata la cosa più difficile della mia vita, ogni tanto me ne sono pentito. Noi lavoriamo con i cargo negli aeroporti di Londra, nel 2019 Alitalia ci fece una lettera d’intenti: non era contenta del servizio di handling passeggeri in alcuni aeroporti. Io venni a Palermo solo con quella lettera…».

E la politica le spalancò subito le porte…

«Ma quale spalancare! Le trovammo chiuse. Provai ad avere un colloquio col sindaco Orlando, senza riuscirci. Erano tutti sgarbati con noi. I miei collaboratori mi dissero: “Non ci dobbiamo tornare più”. Poi, a fine 2019, il primo appuntamento col suo vice, Giambrone. Ci fece aspettare più di un’ora. Poi entrò e disse: “Guardate che io sono il vicesindaco, ma sono anche il presidente di Gh, che è la vostra concorrente…”. I miei manager scoppiarono a ridere…».

Welcome in Sicily, mister Coraci…

«Questo è niente. Quando entrammo a Palermo i miei dipendenti mi inviarono degli audio con le registrazioni delle minacce ricevute in aeroporto. Poi cominciammo a fornire servizi a Tui, una piccola compagnia di charter, e successe di tutto: gomme dei mezzi bucate, nastro per caricare i bagagli danneggiato, tubi tagliati…».

Dà per acquisito l’ingresso a Punta Raisi. Ma la certificazione l’ha avuta grazie a quel misterioso volo privato Baku-Palermo del 14 aprile 2021…

«Sa chi c’era a bordo? C’ero io, che tornavo ad Alcamo perché mio padre stava male. Poi l’aereo tornò vuoto alla base. È stato bravo a trovarlo, non era facile… complimenti. Vero, l’ho messo nel “mazzo” per ottenere la certificazione, ma ce n’erano stati altri prima e ce ne sono anche dopo. Ma è tutto in regola».

Poi lo sbarco a Fontanarossa. Dove le frontiere per le società di handling sono chiuse. Le aprono per qualche mese, s’infila Asc e le richiudono per sette anni. Lei è davvero un imprenditore fortunato…

«Macché fortuna, abbiamo subito una limitazione ingiusta. Siamo rimasti fuori per un anno, con le persone assunte e i mezzi già affittati buttati in un parcheggio privato. Abbiamo rispettato le regole: abbiamo aspettato e quando era il nostro turno siamo entrati. Ma anche a Catania ci hanno fatto la guerra. Pensi che ci hanno avvertito un giorno prima e noi l’indomani avevamo il primo volo Tui da servire. Nella riunione ci dicono che c’è un problema: “Nessuno dei vostri operatori ha il patentino per portare il trattore del pushback”. E io gli rispondo: “No problem, ce l’ho io, perché faccio questo lavoro da quando avevo 19 anni…”».

Dopo di che, però, tutto anche a Fontanarossa è andato liscio come l’olio…

«Ma quale liscio! Tesserini in ritardo, niente locali, spogliatoi in un deposito cargo. E anche a Catania ci hanno danneggiato i mezzi».

Poi, un giorno, arriva Aeroitalia, la compagnia spinta dal governo regionale. Vi affida i servizi e la piccola Asc diventa una potenza…

«Non è andata così. Ci sono stati mesi di tira e molla, e la Regione non c’entra nulla. Il contratto con Aeroitalia nasce grazie ai rapporti cargo con alcuni ex di Alitalia che lavorano con loro».

Che rapporti ha con Intrieri, l’amministratore delegato di Aeroitalia?

«Ottimi: un siciliano che s’è fatto da solo, come me. L’avevo visto già un paio di volte, me ne hanno parlato bene al ministero quando lavorava per il ministro Toninelli. Ma la politica non c’entra: Aeroitalia ci ha scelti perché siamo i migliori».

Con Ita avete fatto il grande salto.

«Anche qui c’entrano i rapporti con il management. Prima piacevamo ad Alitalia, poi arrivano quelli nuovi e dicono: puntiamo su Asc, sono bravi».

Sembra quasi una bella favola. Quando con Ita subentrate a Gh a Palermo e Catania ci sono anche le feste, con i vertici di Enac, Gesap e Sac. La torta, lo spumante: siete tutti una cosa, viene da pensare…

«’A torta sa manciunu iddi! A me non interessa fare la festa col mio sedere. Noi abbiamo sofferto per entrare in Sicilia, lo spazio l’abbiamo conquistato con la qualità del lavoro. Vito Riggio è stato molto rigido con noi a Palermo, ma ha fatto il suo dovere. Certo, poi c’è l’anomalia che Gesap controlla il 20 per cento di una nostra concorrente. Bisognerebbe aprire un dibattito sui conflitti d’interesse negli aeroporti…».

Il bue che dice cornuto all’asino: lei ha assunto i figli di un dirigente Enac e di un manager di una compagnia sua cliente, più decine di sindacalisti e parenti di sindacalisti…

«Noi rispettiamo la clausola sociale, anzi per quieto vivere facciamo anche di più: ho dovuto assumere anche gente in cassa integrazione dal 2020 perché ritenuta in esubero. Mi sono caricato 250 clausole sociali, ma fortunatamente ci sono altri vettori, che ora non posso rivelare per la riservatezza degli accordi, pronti a venire con noi…».

Può tenerli per lei. Risponda invece alla domanda. Gliela rifacciamo in modo più chiaro: sapeva che fra gli assunti di Asc a Fontanarossa c’era la figlia di Bonfiglio, direttore Enac a Catania poi passato a Palermo?

«No, l’ho appreso leggendo il suo articolo. L’hanno assunta i miei manager».

E ritiene corretto che un familiare del dirigente di un ente controllore venga assunto in un’azienda controllata?

«Detta così può sembrare una leggerezza. Ma le assicuro che in Asc si entra perché si è bravi nel lavoro».Lo stesso criterio usato per il figlio di Corona, manager di Aeroitala vicino a Schifani, assunto a Palermo?

Anche lui a sua insaputa?

«No, del figlio di Corona lo sapevo: mi hanno detto che era bravo, aveva fatto bene a Lampedusa, e l’ho preso».

Il padre lo conosce?

«Me lo presentò Intrieri in aeroporto. Uno in gamba, sveglio. Guardi, se pensa che c’entri la Regione o la politica si sbaglia: io in Sicilia non ho rapporti con i politici. Mi è bastata l’unica esperienza con Orlando e Giambrone. Poi ho chiuso: non conosco nessuno».

Non conosce il governatore Schifani?

«Certo che sì, gli ho stretto la mano in un paio di occasioni ufficiali. Lo stimo, ma non posso dire di conoscerlo».

E l’assessore regionale Turano lo conosce?

«Lui sì, ma che c’entra? Alcamo è un piccolo paese, ci conosciamo tutti…».Sulla scalata di Asc negli aeroporti siciliani ci sono già due interrogazioni parlamentari al ministro Salvini.

Scopriremo delle verità che ci sta nascondendo?«Io ne sono felice. E, se devo essere sincero, ho apprezzato la sua inchiesta anche se ci ha trattati male. Ogni giornale delle città dove c’è un aeroporto ne dovrebbe fare una come la sua. Io non ho nulla da nascondere, anzi mi piacerebbe che si aprisse un dibattito nazionale: bisogna fare chiarezza sulle regole negli aeroporti. Non vedo l’ora di arrivarci».

m.barresi@lasicilia.it

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