Gallery
Terremoto sull’Etna, “acrobati” al lavoro sulle parti pericolanti della chiesa di Pennisi
ACIREALE – Hanno preso il via, ieri mattina, i lavori di rimozione delle parti pericolanti della chiesa Santa Maria del Carmelo nella frazione di Pennisi, ad Acireale. Uno spiegamento di oltre 15 uomini, tra responsabili e capi squadra, tutti appartenenti alle squadre speciali del corpo nazionale dei vigili del fuoco, tra cui il nucleo dei Saf (Speleo alpino fluviale).
Uomini abituati a lavorare a certe altezze e che saranno impegnati nel delicato lavoro di smontaggio controllato di tutte le parti pericolanti della chiesa. Coordinati dal vigile del fuoco nucleo speciale ingegnere Giovanni Di Stefano, l’operazione sta procedendo per gradi secondo i dettami del progetto redatto, salvaguardare il bene e ridurre al massimo i rischi che, in questa delicata operazione sono notevoli.
«Dopo la fase progettuale e l’allestimento dello scenario dell’area, si concretizza l’inizio dei lavori con l’arrivo dei mezzi necessari per dare l’avvio a queste opera di messa in sicurezza della chiesa – ha spiegato Di Stefano -. Lavori che stanno iniziando con il recupero delle tegole sul tetto del salone. La fase successiva vedrà lo smontaggio dell’angolo pericolante del salone. Il salone è attiguo alla chiesa ed è la parte che già a poche ore dal sisma ha suscitato maggiori preoccupazioni, poiché potrebbe, staccandosi in qualsiasi momento, finire su via Torretta, compromettendo ancora di più la viabilità della frazione di Pennisi.
«In seguito – prosegue Di Stefano – si dovrà provvedere al recupero di una cassa contenente oggetti sacri. L’intervento sul campanile, invece, richiede l’utilizzo di un mezzo con un braccio che si allunga per circa trenta metri e che ci consentirà di arrivare fino al campanile e recuperare le campane anch’esse pericolanti. Per proseguire, infine, con i lavori di puntellamento.Le nostre, sono tante attività che si devono coordinare tenendo presente prima di tutto la sicurezza – conclude di Stefano -. Non sono operazioni di demolizioni o di abbattimento, siamo chiamati allo smontaggio controllato per salvaguardare il bene e arginare i rischi».
Per approfondire leggi anche: TERREMOTO SULL’ETNA, IL RAP DI SHOE E LAVA PER NON DIMENTICARE
I lavori per la messa in sicurezza della chiesa di Pennisi, hanno percorso un iter burocratico non indifferente. Sono iniziati con i sopralluoghi del Gts (gruppo tecnico di supporto, ndr) e la realizzazione di un progetto speditivo, redatto nell’unita mobile dei Nis (nucleo interventi speciali, ndr) allestito nel campo base di piazzale Vecchio.
I Nis in questa operazione hanno avuto un ruolo fondamentale, come spiega il responsabile della stessa unità, l’ingegnere Ugo Macchiarella: «Dopo la prima fase emergenziale, viene fuori una serie di circostanze che richiedono il nostro intervento soprattutto per gli edifici di un certo pregio come in questo caso le chiese. I nostri progetti speditivi sono opere provvisionali che servono a salvaguardare il bene. Questi interventi richiedono la presenza del Nis sia per la fase progettuale che dei nuclei speciali dei vigili del fuoco che devono essere in grado di leggere il progetto. Un metodo speditivo – conclude – in vigore da pochi anni ma che è già stato collaudato e utilizzato in scenari più importanti come quello dell’Aquila».
Lo scenario che si presenta a Pennisi sembra un set cinematografico, che se da una parte affascina richiamando l’attenzione dei curiosi, dall’altra costringe a una riflessione drammatica, poiché se il sisma non fosse avvenuto di notte, la frazione di Pennisi avrebbe pianto i suoi morti.
Intanto mentre a Pennisi si svolgevano i lavori di messa in sicurezza della chiesa, alcuni residenti denunciavano un ulteriore allargamento della faglia Pennisi – Fiandaca che si trova proprio sotto la piazza di Pennisi all’interno di un terreno privato.
Il vulcanologo Marco Neri primo ricercatore dell’Ingv (Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia sede di Catania) ha spiegato: «Quello che succede è molto semplice. Quando si crea una frattura al suolo, collegata ad un terremoto abbastanza superficiale ma forte, come quello che è avvenuto il 26 dicembre, le fratture nel tempo si assestano. Quando queste fratture si manifestano sui terreni cosiddetti “incoerenti” (sabbiosi ghiaiosi, argillosi), i margini della frattura con il tempo tendono a collassarsi all’interno della frattura stessa, simulando un ampliamento della frattura che in realtà non esiste o comunque rimane localizzata nella strettissima area di questa tipologia di terreni. Nella sua globalità – conclude Neri – la faglia si è mossa tantissimo, circa 30 centimetri nella zona antistante Fiandaca, dopo di che non è successo più nulla se non degli assestamenti del terreno. La faglia è monitorata dai ricercatori dell’Ingv giornalmente, si estende da nord a sud e proprio in questo terreno privato trova la sua parte più argillosa».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA