L’W. Eugene Smith Memorial Fund è un'organizzazione internazionale statunitense creata per incoraggiare e sostenere le persone attive nel campo della fotografia per scopi umanitari e ogni anno indice l’omonimo concorso internazionale che vede protagonisti i photoreporter umanitari di tutti i continenti concorrere per portare avanti i progetti di fotografia etica sociale e umanitaria che analizzano i punti cardini dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Dopo tredici anni di lavoro e di ricerca il photoreporter e comunicatore visivo siciliano Giacomo Palermo partecipa al contest (già vinto nel 1985 dalla photoreporter siciliana Letizia Battaglia) con il reportage “Lo Specchio di un Viaggiatore” svolto in Tunisia prima della Primavera Araba per portare avanti questo percorso umanitario fotografico nell’Area Mediterranea.
Giacomo Palermo è photoreporter e comunicatore visivo non convenzionale che si occupa di ricerche sociologiche e umanitarie nell'area del Mediterraneo. Ha collaborato come fotografo con Getty Images Inc., Touring Club Italia, Majority World CIC – Global – Photo Agency, The MEGA Agency, GEDI S.p.a Gruppo Editoriale, La Repubblica, National Geographic Italia, La Sicilia, La Discussione, Aleteia.org, America Oggi, La Voce di New York e altre riviste internazionali. È missionario volontario presso la missione "Speranza e Carità" O.n.l.u.s. di Palermo fondata dal fratello laico Biagio Conte. Vincitore nel 2015 del Premio Speciale della "Federazione Italiana Associazioni Fotografiche" dedicato alla più influente fotografa umanitaria italiana Tina Modotti. Nel 2021 il suo progetto dal titolo " TerrA MAGNUM (Mediterraneo)" è stato inserito nel "The Magnum Connect Program" della più importante e prestigiosa agenzia fotografica del mondo, Magnum Photos. Ha esposto in collettive fotografiche come nel "Centro Internazionale di Fotografia" di Palermo fondato da Letizia Battaglia.
Di seguito il racconto scritto da Giacomo Palermo che l’ha ispirato a intraprendere questo percorso professionale che puoi seguire nel suo blog www.photoreporter.life
«Dietro una finestra al quarto piano di una palazzina color sabbia rinfrescata dall’acqua del Fontanone, si nascondeva un’insonne Marabù di nome Jones, dall’anima grande quanto un mare di sabbia. E’ la casa di un noto giornalista e scrittore di viaggi, dove il mondo gira e rigira tra le storie di passanti viaggiatori. Si sono conosciuti quando Stefano il giornalista, colpito dall’amore e fallito negli affari, alla ricerca di sé, trova a Londra “Genii of the river Niger” di Gibbal e và nel Sahara Mali a vivere “le baptême de la solitude”. In mezzo alle dune descritte da Bowles c’è Jones, demoralizzato dal viaggio iniziato in Algeria per capire “perché Dio costringe gli uomini a viaggiare una vita da scemi scavandogli a forze di botte l’animo, per lasciarli sognare in un giardino incantato”. Trepidante Stefano, un tipo stravagante e pròdigo dei propri averi, si barrica in città per rifugiarsi a Parigi per scrivere il Grande Mare di Sabbia. Ritornato a Roma trova in casa Jones, l’ospite insostenibile per un presuntuoso che narra di eccentrici siciliani. Abbandona tutto per ritirarsi in meditazione nelle terre siciliane dove Dedalo tentò lì e non a Creta il primo esperimento di volo che l’uomo abbia mai intrapreso. Convinto che Jones a differenza di lui ha centrato l’obiettivo del suo viaggio, lo rinchiude in uno sgabuzzino facendolo ammattire al suono di “Non al denaro non all’amore nè al cielo” di De Andrè. Stefano conosce Walī, l’eccentrico giovane scrittore siciliano, con due occhi a forma di lumaca sempre fuori dalle orbite e pieni d’immaginazione, come il “Pittore della vita moderna” di Baudelaire, il libro mancante della sua libreria. Utilizza la sua immaginazione per scrivere su “La Repubblica” dell’hotel Taj Mahal dopo gli attentati a Bombay. Una sera d’inverno incontra Antonio, un fotoreporter che seguì “Le vie dei Canti” sulle orme di Chatwin. Adesso Stefano vuole andare in primavera in Tunisia, per vedere l’artigiano che con l’argilla crea il verde identico alle teste di quegli strani esseri che Bowles incontra nel Sahara. Arrivato a Djerba da Adel Sakal – l’artigiano che balla come una marionetta su una rosa d’argilla viva, intuisce che Jones è scappato. I suoi pensieri si offuscano e il viaggio cambia rotta sino ad Hammamet. Prima del rientro in Italia, mentre i compagni di viaggio passeggiano sulla sabbia pensando all’epigrafe della tomba dell’uomo dei garofani rossi “La mia libertà equivale alla mia vita”, lui afferma in siciliano che “Fùttiri in piedi e camminari su la rina, portano l’uomo alla rovina”. Però Jones prima del ritorno in Algeria attende l’incontro di Stefano sulle Balle dei Grandi Viaggiatori nella Società Geografica; appagato e consapevole che nulla s’inventa se non modifichi la tua realtà, vola via. Lasciando naufragare Stefano nelle sue Balle di una Vita, mentre Walī gli sussurra ‘A Livella di Totò: "T’ o vvuò mettere ‘ncapo… ‘int’ ‘a cervella che staje malato ancora ‘e fantasia?… Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive: nuje simmo serie… appartenimmo à morte!».