La "Deposizione del Cristo Morto" di Zafferana Etnea come un quadro di Caravaggio
L'espoisizione aperta fino al 27 aprile nella Chiesa Madonna delle Grazie
Sembra un dipinto di Caravaggio che si è materializzato, offrendo momenti di grande emozione e suggestione. Stiamo parlando della “Deposizione del Cristo morto” il sepolcro artistico (aperto fino al 27 aprile) allestito nella Chiesa Madonna delle Grazie di Zafferana Etnea. Nato dall’idea di Daniele Pennisi che si è ispirato al salmo 42 "Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio”.
«Il sepolcro del Cristo morto - ha spiegato Pennisi - rappresenta il momento di massimo silenzio e attesa nella narrazione della Passione: il corpo di Gesù, deposto dalla croce, giace nel Sepolcro, avvolto dal mistero del dolore umano e della speranza divina. In questo tempo sospeso, il cuore del credente si unisce a quello del salmista, che come una cerva assetata, cerca con ardore l’acqua viva, simbolo della presenza di Dio. Cristo, immerso nella morte è al contempo sorgente nascosta di vita nuova. Il sepolcro non è la fine, ma la soglia della porta che conduce alla vita eterna. Cristo è la luce e richiama la sete profonda dell’anima verso Dio».
A realizzare questa splendida metafora del Cristo morto e del Cristo vivente è stato Giuseppe Cavallaro: «Ho materializzato l’idea – ha aggiunto Cavallaro - per renderla teatrale, scenografica e fruibile, non solo al fedele, ma a qualunque spettatore, perché venisse colpito da questa scena e si sentisse parte viva in questa immersione in uno spazio reale e metafisico nello stesso tempo dove si trova inserito. Mi sono ispirato alle luci soffuse del Caravaggio: fasci di luce colpiscono il volto e a didascalia. Abbiamo puntato su alcuni simboli : una lastra scolpita a forma di croce, nella quale è stata inserita l’acqua; il deserto che rappresenta l’umanità afflitta dalle guerre, dai dolori , dai contrasti che anela alla pace. Dal deserto fuoriescono le onde d’acqua a mosaico ( in polistirolo dipinto ) che ricorda l’arte ravennate».
Un vero e proprio lavoro di squadra che ha visto coinvolti anche Francesco Leonardi , Rosario Grasso, Alfio e Concetto Scuderi, Angelo Privitera, Gaetano Russo . Tutti si sono fatti in quattro per l’allestimento e per trovare erbe spontanee dell’Etna che hanno adornato l’ambientazione. Sono stati utilizzati rami di corbezzolo, di romice dell’Etna, le felci, una erba conosciuta tra la gente come “bastone di San Giuseppe” e infiorescenze essiccate di ferla. Queste erbe si sono unite alla viola ciocca acquistata dal fioraio. Il successo di questo artistico Sepolcro ha spinto il parroco Don Salvo Scuderi a far sì che venisse visitato anche dopo Pasqua.