PALERMO – Si intitola “Un’altra primavera” il documentario breve realizzato dalla clinica Santabarbara Hospital di Gela per raccontare le emozioni, i pensieri e le esperienze vissute all’interno della struttura durante l’ultimo anno. Il documentario è stato girato poche settimane fa, dopo la somministrazione del vaccino contro il Covid-19 a tutto il personale e a tutti gli anziani della Rsa. Tredici minuti di immagini e musica in cui si alternano le voci di persone che hanno ruoli differenti all’interno dell’ospedale. Ciascuno degli intervistati racconta un pezzo della storia, portando davanti alla videocamera il proprio punto di vista e la propria sensibilità. Fra le testimonianze quelle del personale sanitario, ma anche quella di un ospite della residenza sanitaria assistenziale situata al piano terra della struttura, un uomo ultranovantenne che da un anno vede i suoi figli solo dal balcone. Il documentario arriva dopo un anno difficile e concitato, che la clinica ha fronteggiato anche grazie alla collaborazione con altre associazioni ed enti, primi fra tutti la Croce Rossa Italiana, il dipartimento regionale della Protezione Civile, la Asl di Caltanissetta, la direzione di presidio del ‘Vittorio Emanuelè di Gela e l’Aiop.
A marzo 2020 il Santabarbara aveva chiuso tutti i servizi ambulatoriali, chirurgici e diagnostici per preservare operatori e pazienti dalla diffusione del contagio e soprattutto per salvaguardare gli ospiti della Rsa, una delle poche in Italia a non aver sviluppato focolai del virus. La residenza per anziani era stata blindata, mentre nelle altre aree dell’ospedale erano stati creati percorsi diversificati per l’accesso ai reparti, l’allestimento della tenda per il pre-triage e l’introduzione di nuovi posti letto per i pazienti dell’ospedale ‘Vittorio Emanuele”. ‘Un’altra primaverà nasce dalla volontà di dare una narrazione e un senso ad un periodo frenetico e faticoso – spiega Francesca Guttadauro, psicologa della clinica e responsabile delle risorse umane, da cui è partita l’idea del documentario – Per mesi tutte le forze si sono concentrate nella gestione dell’emergenza e i nostri operatori non hanno avuto la possibilità di metabolizzare l’accaduto, di guardarsi indietro, di afferrare le ricadute del lavoro di squadra sulla comunità intera. Il progetto nasce soprattutto per dare loro un riconoscimento e uno spazio di valorizzazione ed espressione».