WASHINGTON – Donald Trump grazia per ora l’Europa ed altri Paesi alleati degli Usa sospendendo temporaneamente i dazi sull’import di acciaio ed alluminio che avrebbero dovuto entrare in vigore oggi. Ma non risparmia Pechino, bastonandola anche con un pacchetto di ulteriori dazi e sanzioni per 60 miliardi di dollari su vari prodotti, dall’aerospaziale ai macchinari, e con una restrizione degli investimenti cinesi nel settore tecnologico americano. E’ la punizione per i suoi “furti” di segreti tecnologici e commerciali statunitensi e per le sue politiche restrittive o sleali nei confronti delle aziende a stelle e strisce. L’Ue tira un prudente sospiro di sollievo e dimostra la sua forza quando è unita, anche se ora deve affrontare il tavolo del negoziato con Washington. La Cina invece ha già promesso di reagire, probabilmente colpendo i prodotti agricoli made in Usa, alimentando così una guerra commerciale che sta deprimendo i mercati: Wall Street è precipitata con il Dow Jones che ha lasciato sul terreno il 3%, mentre il presidente della Bce Mario Draghi ha avvertito sui rischi dei venti protezionistici per la crescita. Trump sembra comunque uscirne vincitore su tutti, costringendo il mondo a trattare con l’America e a ridiscutere le storture del globalismo.
Bruxelles è riuscita a strappare una momentanea esenzione dai dazi, fino al 1 maggio, dopo un lungo braccio di ferro e febbrili negoziati tra le due sponde dell’Atlantico, con minacce di ritorsioni e un ruolo di primo piano del presidente francese Emmanuel Macron, il leader europeo con cui Trump ha più chimica. Nell’ultimo giorno utile, nel Vecchio continente si erano alternate vaghe speranze e ultimi appelli. L’annuncio è stato dato quasi in sordina dal rappresentante Usa per il Commercio internazionale Robert Lighthizer, che durante un’audizione parlamentare ha fornito la lista degli alleati ai quali gli Stati Uniti per il momento non applicheranno i dazi: oltre a Messico, Canada ed Australia, già anticipati nei giorni scorsi, Europa, Brasile, Argentina e Corea del Sud. Spicca l’assenza dell’India. Poi Trump ha confermato che gli Usa “hanno appena cominciato i negoziati con la Ue per abbassare le barriere commerciali”. “La cosa positiva” nella vicenda dei dazi Usa “è che l’Ue ha riaffermato la sua unità, la Commissione Ue ha risposto con una voce sola e in modo rapido, e io come altri leader europei ho avuto diverse discussioni con il presidente Trump”, ha commentato Macron.
La Cina invece è stata messa all’angolo nonostante gli sforzi sul dossier nordcoreano, in cambio dei quali il tycoon aveva promesso di astenersi dai dazi. Trump ha cominciato dicendo che vede Pechino come “un amico” e che ha un “grandissimo rispetto per il presidente Xi”, ma poi ha accusato il Dragone di essere coinvolto in un “enorme furto di proprietà intellettuale” e di praticare misure restrittive verso le società Usa, costringendole a cedere il know how o facendo shopping in settori strategici chiave, come emerso da un’indagine dello stesso Lighthizer in base al Trade act del 1974. Comportamenti che fanno perdere “centinaia di miliardi di dollari alle nostre aziende” e “migliaia di posti di lavoro”, influendo negativamente su un deficit commerciale di 800 miliardi di dollari, di cui 500 rappresentati dalla Cina. Ecco quindi dazi e sanzioni, che colpiranno circa 100 categorie merceologiche, dalle calzature all’elettronica. In particolare l’amministrazione Trump proporrà di aumentare del 25% le tariffe su certi prodotti che sono sostenuti da Pechino con politiche industriali ritenute scorrette: i settori interessati includono l’aerospaziale, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché i macchinari. Giro di vite anche sugli investimenti finanziari cinesi nella tecnologia Usa. Si tratta del provvedimento più aggressivo preso finora dal tycoon contro la Cina. “Questo è il numero uno. Ma è il primo di molti”, ha ammonito. Gli alleati sono avvisati.