BERLINO – A Bonn ha vinto il sì. I socialdemocratici hanno votato a favore della terza Grosse Koalition con Angela Merkel, aprendo la strada alle consultazioni, ma si sono spaccati drammaticamente dopo 5 ore di intenso dibattito interno, consumato in mondovisione. L’Europa ha potuto comunque tirare finalmente un sospiro di sollievo: la Germania co-diretta da Schulz promette infatti di essere “europea e solidale”. Il partner atteso da Emmanuel Macron. E i vicini ci contano.
“Un’ottima notizia per un’Europa più unita, forte e democratica!”, ha twittato Martin Selmayr, capo di gabinetto del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. Mentre Paolo Gentiloni esulta per quello che ha definito “un passo avanti per il futuro dell’Europa”. Quella a restare più cauta di tutti è stata proprio la Merkel. Si è compiaciuta della decisione dei futuri possibili alleati, ma ha ricordato di volere “un governo stabile”, chiedendo “un clima ragionevole” per le consultazioni che inizieranno a breve. “C’è molto lavoro da fare”, ha detto fra l’altro.
Non va sottovalutato neppure il prossimo test: se le trattative sono come sempre un’incognita, alla fine il verdetto spetterà di nuovo all’Spd, che consulterà stavolta tutta la base del partito, 440 mila iscritti, e non solo i delegati come oggi. A Bonn si è comunque scritta una pagina certamente significativa di un partito convinto di avere un metodo democratico formidabile, di cui essere “orgoglioso”. Ma la leadership di Schulz, che oggi era chiaramente a rischio, ha mostrato tutta la sua debolezza. E rischia di continuare a scricchiolare nella corsa a ostacoli organizzata per accertarsi che il prossimo governo abbia l’approvazione della maggioranza del partito. Parlano i numeri: pur avendo schierato i vertici e i volti più credibili a disposizione per convincere i 642 delegati a votare a favore del prossimo governo, gli oppositori, trascinati dai giovanissimi, hanno portato a casa un risultato più che dignitoso. La mozione del congresso straordinario è passata con 362 sì contro 279 no. La linea Schulz si è imposta col 56,4% dei consensi. Un risultato fragile, che ha perfino rinvigorito le convinzioni ‘anti-Groko’ del leader dello Juso, Kevin Kuehnert, che ha annunciato di voler “riesaminare la situazione dopo le consultazioni”: “Il segnale di Bonn è incoraggiante, è chiaro che i nostri argomenti sono fondati”, ha commentato il ventottenne che ha dichiarato guerra alla Merkel. Per gli anziani del partito, rischia invece di trascinare tutti nel baratro. “Non credo che la strada delle nuove elezioni sia la migliore per noi”, ha spiegato infatti Schulz, chiarendo che la scelta di oggi era fra l’alleanza con Merkel e le urne. “Non è colpa nostra se siamo in questa situazione. Non siamo usciti noi a mani vuote dalle trattative giamaica”, è stato l’argomento del leader che ha difeso anche le sue piroette.
Dopo il voto del 24 settembre, quando il partito è crollato al 20,5%, l’ex presidente del parlamento Ue aveva indicato la strada irrevocabile dell’opposizione, promettendo un rinnovamento vero. Ma poi “la situazione è cambiata”, ha ricordato: il richiamo del presidente della Repubblica, le aspettative dell’Europa – “ieri ho sentito Macron” – dove Berlino deve agire in modo più “solidale”, combattendo il neoliberalismo e le destre. “La strada più coraggiosa è quella del governo, che non esclude il rinnovamento”. Più di lui, si è scaldata Andrea Nahles, in un intervento urlato dalla prima all’ultima parola: “Io non voglio le nuove elezioni. Non ne ho paura, ma temo le domande dei cittadini”. “Quando ci presenteremo con lo stesso programma e ci chiederanno perché non lo abbiamo realizzato, risponderemo che non potevamo farlo al 100%?”. Sul fronte opposto, tanti giovani, indignati e sicuri che questa è invece l’occasione per togliere lo scettro a Merkel. E “ritornare giganti in futuro”, come ha profetizzato Kevin, il loro leader, che non si arrende.