Nel Mediterraneo più migranti per la fame che per le guerre

Di Redazione / 07 Giugno 2018

BRUXELLES – Le persone che arrivano e che migrano dal Mediterraneo lo fanno soprattutto a causa dell’insicurezza alimentare, con erosione dei suoli agricoli, cambiamenti climatici e crescita della popolazione che rendono la fame un motivo per andarsene più importante delle guerre. E’ quanto è emerso a Bruxelles al Forum internazionale della Fondazione Barilla per l’alimentazione e la nutrizione (Bcfn). 

 

Per la prima volta il Forum arriva nella capitale Ue, anticipando il tradizionale appuntamento di Milano (a novembre) e una nuova tappa in programma a New York a settembre, in coincidenza con l’Assemblea generale delle Nazioni unite. Il legame tra sicurezza alimentare, cambiamenti climatici e migrazioni e la necessità di promuovere un modello di sviluppo rurale per il Mediterraneo sono stati tra i temi principali affrontati negli interventi.

 

“Negli ultimi 10 anni il Sahara – ha detto Lucio Caracciolo dell’istituto MacroGeo – è cresciuto del 10% e l’erosione è un problema ormai anche in alcune regioni del nostro Sud”. Questo vuol dire meno terra coltivabile e nuovi rischi per la produzione alimentare. L’agricoltura europea, ha ricordato un’analisi dell’Economist Intelligence Unit, produce il 10% delle emissioni totali di gas serra a livello Ue, che sale al 20-35% se si considera il settore agroalimentare. Il 12% dei terreni agricoli Ue, inoltre, è a rischio erosione per attività agricole intensive. 

 

In questo contesto, è emerso dal Forum, nel Mediterraneo si concentrano tutte le sfide dello sviluppo sostenibile, dalla lotta alla fame ai cambiamenti climatici e alle grandi questioni ambientali, dalla qualità delle acque all’approvvigionamento di energia pulita, fino all’educazione e all’istruzione. “Dovremmo essere spaventati dalla situazione che ci sta di fronte, ma dovremmo anche essere affascinati dalle soluzioni” ha dichiarato Paolo Barilla, vicepresidente del Bcfn, aprendo la conferenza. Nel senso che il Mediterraneo può anche essere un laboratorio per le soluzioni, come quella realizzata da imprenditori quali Faris Farrag, egiziano che alleva pesci e produce ortaggi nel deserto, a pochi chilometri dal Cairo, grazie alla tecnica dell’acquaponica, che unisce coltivazioni idroponiche e acquacoltura.

 

Ai lavori ha partecipato anche il commissario Ue all’agricoltura Phil Hogan, che la scorsa settimana ha presentato una proposta di riforma della politica agricola comune, identificato dal Bcfn come uno dei terreni dove l’Ue può contribuire allo sviluppo sostenibile del Mediterraneo e del mondo. Tra le proposte che il Bcfn ha portato a Bruxelles il sostegno una ‘nuova visione’ per la politica agricola comune incentrata sulla sostenibilità, che promuova un modello mediterraneo di sviluppo rurale per tutti i paesi del bacino e tenga conto del nesso tra migrazioni e sicurezza alimentare.

 

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