BRUXELLES – Esiste una soluzione che va alla radice della crisi dei migranti in Africa, è una soluzione Ue e non solo è operativa sul campo ma ha già dato risultati evidenti portando in due anni a un crollo del 95% degli ingressi in Libia dal Niger, il ‘collo di bottiglia’ del Sahel da cui passa il 90% di chi vuole partire sui barconi per l’Italia. La ricetta mette insieme controllo delle frontiere, centri di transito per rifugiati e rimpatri volontari, e investimenti economici per sostenere lo sviluppo locale riducendo la povertà e diminuendo alla base la spinta a partire. E’ quindi estendendo e rafforzando questo ‘modello Niger’ al resto del Sahel che l’Europa deve continuare se vuole mettere fine agli sbarchi nel Mediterraneo, non limitandosi a chiudere i porti o rimandando nell’inferno dei campi della Libia chi viene salvato. E’ il quadro che emerge dalla missione Ue a Niamey condotta dal presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, insieme a esperti e alti funzionari di Commissione, Bei, Fao, Unhcr e imprese europee, mentre l’Italia chiede a Bruxelles di mettere in piedi un ‘centro di crisi’ per gli sbarchi e continua a tenere chiusi i suoi porti.
“Bisogna andare al cuore del problema”, il modello Niger “dimostra che quando l’Ue lavora insieme ha successo, il risultato c’è stato”, spiega Tajani all’ANSA tracciando il bilancio della due giorni nigerina. E’ proprio tra le anse fangose del Niger e le sabbie del Teneré, lavorando insieme con le autorità locali, che l’Ue, con Onu e Oim, sono riusciti a chiudere quasi completamente il rubinetto dei migranti, facendo crollare di conseguenza anche gli sbarchi in Italia. “E’ un bene che il governo italiano abbia capito che la soluzione del problema deve essere europea e non nazionale, ma la questione va risolta a monte come l’Ue ha fatto in Niger”, sottolinea il presidente dell’Europarlamento, perché “non è solo un problema di polizia, questa è solo l’ultimissima fase”.
A parlare, in Niger, sono le cifre, ma anche i volti dei rifugiati salvati e la disponibilità e l’interesse della leadership politica nazionale che ha spalancato le porte alla missione di Tajani, “uno dei pochi politici che mantiene le promesse”, ha detto il presidente Mahmadou Ioussofou, che un mese fa gli aveva chiesto di portare a Niamey investitori ed esperti in rinnovabili, digitale, agroalimentare e risorse idriche. Il Paese vuole crescere e svilupparsi, per questo accetta la “partnership win-win” che può mettere sul piatto l’Ue: collaborazione sui migranti e cooperazione allo sviluppo.
Servono quindi più fondi Ue, è la richiesta di Tajani: per il 2014-2020 il Niger ha beneficiato di quasi 1mld, ora i 500 milioni freschi messi nel Trust Fund per l’Africa non bastano, per il Sahel ne servono almeno tanti quanti i 6 miliardi dati alla Turchia per il ‘Piano Marshall’ per l’Africa. Prossimo appuntamento chiave, la conferenza del 10 ottobre sulla Libia al Pe, con un nuovo incontro con il G5 Sahel.