BRUXELLES – Nonostante la crisi, negli ultimi dieci anni in Italia non c’è stato un crollo degli acquisti di vestiti e scarpe: nel 2016 la quota di spesa delle famiglie italiane destinata all’abbigliamento è stata pari al 6,2% del totale, inferiore solo a quelle registrate in Estonia (6,8%) e in Portogallo (6,3%). E’ quanto si rileva dai dati resi noti oggi da Eurostat.
L’istituto di statistica europeo segnala anche che nel 2016 l’esborso totale delle famiglie Ue per l’acquisto di capi di abbigliamento è stato pari a 395,3 miliardi di euro (il 4,9% della spesa complessiva, il 2,7% del Pil e circa 800 euro pro-capite), un importo leggermente maggiore a quanto speso dalle stesse famiglie per la loro salute. In dieci anni l’Italia ha però perso una posizione nella classifica europea poichè nel 2006 la quota di spesa delle nostre famiglie dedicata a vestiti e scarpe (il 6,8%) era inferiore solo a quella della Lituania (7,8%). E l’Estonia figurava al terzo posto, a pari merito con il Portogallo, con una quota del 6,5%.
In ogni caso, secondo Eurostat, la spesa pro-capite degli italiani per l’abbigliamento è rimasta costante: 1.100 euro nel 2016 così come era nel 2006. Un livello che li colloca ancora una volta al terzo posto nell’Ue alle spalle dei lussemburghesi (1700 euro pro-capite) e di austriaci e inglesi (1300 euro).
E l’Italia la si ritrova sul terzo gradino del podio anche prendendo in considerazione la spesa per vestiti e scarpe nel suo complesso: 64,3 miliardi nel 2016 contro i 63,06 del 2006.
Il primato della spesa in questo settore va al Regno Unito (82,8 miliardi contro i 76,8 di dieci anni prima) seguito dalla Germania (70,6 miliardi rispetto ai 66,64 del 2006).
Secondo Eurostat chi invece in questi dieci anni ha subito la maggiore contrazione nella spesa delle famiglie in abbigliamento sono state la Lituania, la Grecia, la Spagna, l’Irlanda e la Francia. Di contro, i maggiori aumenti si sono avuti in Polonia, Lettonia, Regno Unito, Ungheria e Lussemburgo.