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Fake news: rischio censura, Ue rinuncia a misure vincolanti

Di Redazione |

BRUXELLES – Non ci saranno misure Ue obbligatorie per tutti contro le ‘fake news’, ma un’autoregolamentazione lasciata alla volontà di piattaforme e siti che lo vorranno. La roadmap vera e propria di Bruxelles arriverà il prossimo 25 aprile. Lo ha confermato la commissaria Ue al digitale Mariya Gabriel dopo la pubblicazione del rapporto degli esperti del Gruppo di alto livello sulle fake news, anche se questo ha chiesto quanto meno una “roadmap vincolante”. Il rischio, evidenziato anche dallo stesso rapporto e dalla presidente del Gruppo Madeleine de Cock Buning, è quello di cadere nella “censura”.

 

No, quindi, a ‘liste nere’ di siti che fanno disinformazione o al loro blocco. “Soluzioni che richiedono regolatori amministrativi per favorire o togliere la priorità a particolari fonti di informazione costituiscono un alto rischio da un punto di vista della libertà d’espressione e non devono essere incoraggiati”, si legge nel rapporto degli esperti. Questi, infatti, “non ritengono essere una soluzione appropriata alla disinformazione digitale il controllo da parte del governo dei media digitali”, in quanto “l’indipendenza dei media è imperativa per le fondamenta democratiche dell’Europa”.

 

Il documento del Gruppo di alto livello propone quindi una Coalizione e la stesura di un Codice di principi a cui gli attori, dai media alla piattaforme, dovrebbero volontariamente attenersi. Tra la decina elencati, la messa a disposizione degli algoritmi che determinano la visibilità dei contenuti, trasparenza sull’utilizzo dei dati personali per scopi pubblicitari, distinzione tra contenuti sponsorizzati e informazione, migliorare in cooperazione con i media la visibilità delle fonti di informazione affidabili e la possibilità di rispondere sulle piattaforme con link a siti di fact-checking. Il rapporto ha però subito sollevato critiche all’interno degli stessi esperti: Reporters sans frontières (Rsf) ha contestato il metodo della Coalizione il cui mandato e formazione restano “poco chiari” mettendo a rischio la sua indipendenza, mentre i consumatori del Beuc hanno votato contro in quanto non viene mai menzionato una sola volta il ‘clickbaiting’ – l’uso di contenuti accattivanti per ottenere click e quindi ricavi pubblicitari -, considerato invece “una delle principali fonti della disinformazione”.

 

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