BRUXELLES – “La mera notifica, da parte di uno Stato membro, della propria intenzione di recedere dall’Unione non è una circostanza ‘eccezionale’ in grado di giustificare il rifiuto di eseguire o rinviare un mandato d’arresto europeo emesso da tale Stato”. Così la Corte dell’Ue, in una delle sue prime sentenze sulla Brexit. “In mancanza di ragioni serie e comprovate di ritenere che la persona oggetto di tale mandato rischi di essere privata dei diritti riconosciuti dalla Carta e dalla decisione quadro a seguito del recesso dall’Unione dello Stato membro emittente, il mandato deve essere eseguito fintanto che tale Stato membro faccia parte dell’Unione”, affermano i giudici di Lussemburgo. La decisione dei giudici si riferisce a due mandati d’arresto europei emessi dal Regno Unito nel 2016 nei confronti di un uomo, per omicidio, incendio doloso e violenza sessuale.
Il ricercato è stato arrestato in Irlanda, dove si trova in stato di custodia dal febbraio 2016. L’uomo si è apposto alla propria consegna al Regno Unito, per motivi fondati, tra l’altro, anche su questioni relative alla Brexit. Per questo l’Alta Corte irlandese si è rivolta alla Corte di giustizia europea per saper se, tenuto conto del fatto che il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato la propria intenzione di recedere dall’Unione, e data l’incertezza relativa agli accordi che interverranno dopo il suo recesso, essa debba rifiutare la consegna dell’uomo.
La Corte dell’Ue ha concluso che “la mera notifica, da parte di uno Stato membro, della propria intenzione di recedere dall’Unione non è una circostanza ‘eccezionale’ in grado di giustificare il rifiuto di eseguire un mandato di arresto europeo emesso da tale Stato membro”.