Il tribunale di Enna ha assolto tre imprenditori edili e l’ex dirigente dell’ufficio tecnico comunale ennese perché «il fatto non è più previsto dalla legge come reato» (dopo l’abolizione dell’art. 323 Codice penale sull’abuso d’ufficio) ed estinzione degli altri reati contestati (“danneggiamento al patrimonio archeologico e storico nazionale”, «demolizione ed opere senza autorizzazione sui beni culturali”; “lavori su beni paesaggistici senza autorizzazione”; “abbandono di rifiuti speciali”; «falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici» e «subappalto senza autorizzazione dell’autorità pubblica”) per avvenuta prescrizione.
Nel 2016 i 4 erano stati rinviati a giudizio dopo un’indagine della Procura di Enna e dei carabinieri per l’abbattimento dei ruderi della chiesetta di Kamut, avvenuto durante i lavori di messa in sicurezza della SP2 effettuati dopo la frana nel viale Caterina Savoca del novembre 2015. Le parti civili Legambiente e Wwf esprimono «indignazione e profonda amarezza per questo vero e proprio colpo di spugna con cui si è concluso il processo. L’impossibilità di pervenire ad una sentenza che potesse stabilire le responsabilità degli imputati ed applicare le conseguenti condanne è una palese e mortificante sconfitta per lo Stato e la società civile».
«A causa di un processo inspiegabilmente farraginoso e lento – dicono Franz Scavuzzo, Presidente Legambiente circolo degli Erei, ed Ennio Bonfanti, presidente Wwf Sicilia Centrale – la distruzione di un bene culturale con una storia millenaria come la chiesa Kamut resta, di fatto, impunita. Oggi sconfitto è lo Stato che dopo 9 anni stabilisce che non vi sono responsabilità o che quelle che forse vi erano sono prescritte».