Manuela, l’ostetrica che soccorre le migranti sulla nave della Marina

Di Maria Cristina Roccella / 03 Settembre 2016

Regalbuto. C’è chi li chiama angeli, sicuramente nel loro piccolo sono degli eroi i ragazzi e le ragazze che ogni giorno partono come volontari a soccorrere vite umane in balia del mare tra la Libia e il Canale di Sicilia. Tra i volontari che si imbarcano insieme agli uomini della Marina militare che partecipano all’operazione Mare Sicuro c’è anche una regalbutese: Manuela Santangelo, 25 anni, giovane ostetrica che ha fatto una scelta.

«Avevo deciso di cercare lavoro all’estero – dice Manuela – Ma prima volevo un’esperienza forte e visto che ho sempre sognato l’Africa, adesso che l’Africa viene da noi, ho voluto andarle incontro». Il 23 giugno si è imbarcata come ostetrica volontaria della Fondazione Rava sulla Nave Bettica della marina militare e il 27 giugno ha partecipato al suo primo soccorso a 763 migranti. Ha visto morte, lacrime e tristezza, ma in certe situazioni non ci si può fermare a piangere e dopo poche ore Manuela si è resa conto che una delle 10 donne incinte salvate stava per partorire. Una giovane camerunense stava per dare alla luce il suo bambino e, grazie all’aiuto della giovane regalbutese, è nato Francois Manuel, Francesco come il capitano della Bettica Iavazzo e Manuel come Manuela. Il piccolo è stato solo il primo di altri bambini che Manuela ha aiutato a venire alla luce.

I giorni in missione passano e presto c’è bisogno del suo aiuto: molte donne incinte, nonostante le loro condizioni, sono disposte ad attraversare il Mediterraneo rischiando la vita pur di fuggire da guerra e povertà e dare un futuro a quei bambini. Il 5 luglio, mentre è impegnata in un’operazione di salvataggio sulla nave Bettica, arriva la chiamata di un’altra pattuglia italiana, che richiede l’intervento di un’ostetrica. E così nasce un’altra vita grazie a lei e la giovane ragazza si trova di fronte a una delle tante storie dolorose di donne che fuggono dalle tante violenze ricevute: quella gravidanza è frutto di una violenza e la donna è triste e non collabora molto, ma dopo il parto il bambino le viene messo in braccio e lei decide di tenere con sé la bambina che voleva dare in adozione e la chiama Manuela. Chissà quante altre Manuela ci saranno grazie all’ostetrica regalbutese. «Alla fine ti resta la riconoscenza delle persone che fuggono da guerra e povertà – dice – che quando sbarcano in un porto sicuro tornano indietro per abbracciarti e ringraziarti».

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