Mafia, così la “famiglia” gestiva i beni già sequestrati: sei arresti a Enna e Messina

Di Redazione / 15 Gennaio 2018

CALTANISSETTA – I Finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caltanissetta e i carabinieri del nucleo investigativo di Enna, coordinato dalla Dda nissena, hanno eseguito sei ordinanze di custodia cautelare (due in carcere e quattro agli arresti domiciliari) emesse dal Gip di Caltanissetta nei confronti di persone indagate, a vario titolo, per concorso esterno in associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni di proprietà di soggetti appartenenti a Cosa Nostra. La custodia in carcere riguarda Gabriele Giacomo Stanzù, di Capizzi (Messina), 57 anni, già detenuto, e il fratello Nicola Antonino 41 anni. Ai domiciliari sono Carlotta Mammanica Conti, di Enna, 42 anni, (moglie di Nicola Stanzù), Antonio Di Dio, di Nicosia (Enna), 31 anni, Carlo D’Angelo, nato a Valguarnera Caropepe (Enna), 54 anni, Nunzia Mammanica Conti, nata a Piazza Armerina (Enna), 43 anni, sorella di Carlotta e moglie di D’Angelo.

Le indagini di quella che è stata chiamata operazione Nibelunghi, sono state effettuate seguendo il flusso patrimoniale di Gabriele Stanzù (nella foto), coinvolto nell’inchiesta antimafia «Dioniso», coordinata, nel 2004 e 2005, dalla Dda di Catania e condannato a 14 anni di carcere per l’omicidio di Francesco Saffila. Le indagini, scaturite dall’analisi delle dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia, hanno fatto emergere la contiguità di Stanzù a «Cosa Nostra», in particolare ad elementi di spicco della mafia gelese tra cui Daniele Emmanuello (morto in un conflitto a fuoco in occasione della sua cattura nel 2007).

«In una seconda fase – dice la Gdf – sono state monitorate le movimentazioni effettuate da Stanzù nei confronti di propri congiunti e conoscenti e sono emerse operazioni finanziarie e patrimoniali mirate a schermare i beni e le aziende riconducibili all’indagato per scongiurare un’eventuale aggressione preventiva dei patrimoni. L’attività illecita ha permesso alla famiglia Stanzù, attraverso prestanome, di continuare a beneficiare dell’incameramento di aiuti comunitari».

Nel luglio scorso i finanzieri del Gico di Caltanissetta e i carabinieri di Enna sequestrarono agli indagati beni per un valore superiore a 11 milioni di euro (consistente in terreni, fabbricati, autovetture e diversi conti correnti postali e bancari). L’inchiesta ha scoperto che Nicola Antonio Stanzù e gli altri indagati hanno continuato, infatti, a gestire il patrimonio di Gabriele Stanzù, attraverso trasferimenti fittizi di beni direttamente o indirettamente riconducibili a quest’ultimo. Gli investigatori dicono che le indagini hanno fatto emergere gli interessi della criminalità organizzata di stampo mafioso nell’illecita acquisizione di aziende agricole e di appezzamenti di terreni utilizzati per la presentazione di domande per i contributi Agea.

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Tag: beni sequestrati carabinieri clan emanuello gabriele stanzù guardia di finanza intestazione fittizia dei beni mafia operazione nibelunghi