Accordo tra gruppi mafiosi di Enna e Catania, per imporre il pizzo sui lavori di posa della fibra ottica a Catania, in alcuni comuni etnei e a Siracusa, e nella notte scattano 6 arresti. Vittima delle estorsioni, un imprenditore ennese. L’operazione, coordinata dalla Dda di Caltanissetta, è stata condotta dalla Squadra mobile di Enna e ha fatto luce sui collegamenti tra il gruppo di “Cosa Nostra” di Enna e le organizzazioni mafiose riconducibili ai clan “Cappello-Bonaccorsi” e “Santapaola-Ercolano” attive nel capoluogo e nell’hinterland etneo.
Secondo gli inquirenti, che hanno battezzato l’operazione “Capolinea”, erano i referenti territoriali locali dei gruppi mafiosi, in accordo con un referente di Cosa nostra di Enna, a costringere l’imprenditore titolare della ditta aggiudicataria dei lavori a “pagare” il pizzo e non sporgere alcuna denuncia. Gli indagati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare sono Calogero Giuseppe Balsamo, detto “Pippo Balsamo”, 57 anni di Catania esponente del clan “Cappello”; Salvatore La Delia, 67 anni di Enna indicato come esponete di Cosa nostra di Enna; Eduardo Mazza, 46 anni di Enna; Antonio Salvatore Medda, 52 anni di Enna ma residente a Catania e Angelo Tomaselli, 52 anni di Catania indicati come legati al clan Santapaola – Ercolano; Antonio Privitelli, 34 anni di Caltagirone (CT), residente a Nicolosi, esponente del clan di Enna.
Agli indagati è contestata l’associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni. Gli indagati avrebbero costretto un imprenditore dell’ennese che effettuava i lavori di scavo e messa in opera della fibra ottica in sub appalto nei comuni di Noto, Augusta e Palazzolo Acreide, a pagare una tangente di 8 mila euro. Episodi, questi, risalenti al 2016, mentre lo stesso imprenditore sarebbe stato costretto a pagare la tangente anche per i lavori in sub a Catania e Santa Maria di Licodia. In questo caso il pizzo versato è stato di 600 euro, consegnati lo scorso dicembre. Il blitz è scattato perché dalle intercettazioni è emerso che gli indagati stavano progettando azioni violente contro la vittima che era in forte ritardo con il versamento di quanto pattuito. Sarebbe stato La Delia che collaborava nell’attività di lavoro dell’imprenditore vittima di estorsione, fare da tramite con gli esponenti delle cosche etnee.